Vestali a induzione

Ci avevano detto che si sarebbe scaldato lo stesso. Anzi: di più. Ci avevano detto che avremmo avuto un tempio tiepido, un altare vuoto, una fiamma astratta e un Dio buono.

Tuttavia sapevamo che ci stavano ingannando.

Potevamo averne sbadatamente le prove: echeggiavano nei giornali, risuonavano negli abitacoli delle automobili dove, inappagati, ci tastavano le cosce con le mani sudate. Le loro mogli, assenti e algide, facevano retromarcia in parcheggi vuoti.

Sapevamo che ci stavano mentendo: riuscivamo a scorgerlo tra le statistiche degli assassinii, tra i nomi degli stupratori, tra le immagini segnaletiche di ladri e folli e orchi, tra gli orli dei pianti disperati di madri sopravvissute ai loro figli, le quali, non vedendoli tornare, colpivano a pugni chiusi i muri portanti delle loro vite rubate.

Lo avevamo detto, chiaro e tondo: lasciateci vegliare. Lasciateci vegliare per le nostre donne, che ogni mattina si alzano prima del sole per un tragitto che chiede la fatica di un abbandono quotidiano.

Lasciateci pregare, dicevamo, ché la nostra preghiera è una lode di attenzione e cura che invita a fermarsi, a riflettere e a morire, e che dona indulgenza e conforto perché si innesta nel coro dell’universo – ai cuori che sanno vigilare non sfugge mai il docile soffio della preghiera.

Lasciateci opporre alla sedazione dell’utero nel tentativo di renderci sterili, per godere e non dare figli al sesso divorato tra i sedili delle loro automobili, dietro ai binari ferroviari violenti su cui scorrono i treni che vanno a Nord.

Noi l’avevamo detto: lasciateci scrivere. Lasciateci consumare le dita ritorte, lasciateci storpie e grate al gesto eterno e uguale a se stesso, inutile e gratificante. Lasciateci stare zitte, ricopiare immobili per interi secoli caratteri illeggibili.

Lasciateci scrivere inni e deformare storie, ricostruire mitologie a nostro piacimento.

Lasciateci amare i figli che Medea ha ucciso e condividere con Penelope la gestazione che solo una donna che sa che il suo uomo è per mare può compiere. E allora nessuna subordinata sarà mai stata vana, e nessun punto e virgola gaudente sterminerà popoli. Il corpo sarà spirito e lo spirito sarà corpo, e dove ci cercherete ci ritroverete.

Potevamo accettare: potevamo accettare la vostra cella calda, il vostro tempio vuoto, il vostro Dio buono. Potevamo vivere nel tepore di un angolo già riscaldato, accettare una mitezza eterna e innocua, scambiandola per pace.

Potevamo smettere di bruciare. Potevamo essere niente. Ma abbiamo scelto.

Abbiamo creato un fuoco grande e immenso, abbiamo soffiato. Nerone dei nostri giorni, abbiamo distrutto Roma una seconda volta, e con essa ogni induzione, e ogni possibilità di venire ancora calpestate, in un vorticoso uragano incendiario su cui poi verseremo le lacrime di chi sa di aver commesso un’ingiusta ma inevitabile strage.

Gentili, affettuose, passionali eroine dei nostri tempi: noi volevamo perdonarli, ma non abbiamo avuto scelta.