Blackout

Ormai lo interrogavano da giorni. Aveva perso il conto. Ogni volta, dopo lunghe ore, tornava in cella, incapace di respirare e dormire. Tre metri per due. Una luce fissa e ininterrotta. Pareti bianche e uniformi. Sulla branda dura come il cemento, Malem si rannicchiava in posizione fetale, coprendosi gli occhi con l’avambraccio. Non serviva a molto. La luce penetrava lo stesso. L’avrebbe reso folle. Non ricordava nulla. O meglio, non ricordava l’essenziale. Sapeva cos’era accaduto, ma era come se non fosse stato lui a vivere quei momenti.

Si era svegliato come gli altri giorni, era salito sul camion ed era passato dal deposito centrale. Poi si era diretto in centro per le consegne, fermandosi col camion di fronte alla piazza affollata per il mercato. Lì era successo qualcosa, ma i suoi ricordi arrivavano solo fino ad un certo punto. Poi, il buio assoluto. Le immagini si facevano sfocate, le forme perdevano consistenza, i suoni lasciavano spazio a un brusio indistinto. Un vero e proprio blackout di qualche ora.

Da mesi aveva programmato l’attentato. Questo lo sapeva, ne era cosciente. Ma non riusciva a credere di aver premuto l’acceleratore. Non se ne capacitava. Non era così che si era immaginato il tutto. Non c’era stato dolore, ma nemmeno gioia. Quanti ne aveva uccisi? Era pronto a sacrificarsi, a morire come un martire. Eppure di quei momenti nessuna immagine era rimasta impressa nella sua mente. Non uno sguardo, non un volto.

Si sforzava da giorni di far emergere un dettaglio, invano. A tratti gli sembrava di udire le urla e i rumori sordi dei corpi travolti, di sentire lo schianto del camion, di percepire il sangue delle vittime sul proprio stesso volto. Ma non era così. Non erano i suoi ricordi, ma ricostruzioni fittizie, immaginate. Il buio aveva avvolto tutto, cancellando ogni ricordo.

Neppure le immagini che gli avevano mostrato erano servite a qualcosa. Sullo schermo, si vedeva il camion, il suo camion, travolgere decine di persone, lasciando una scia di sangue e distruzione, sino a schiantarsi contro una vetrina. Poi un uomo scendeva, barcollando. Ma anche così, anche di fronte a quella che poteva sembrare un’evidenza, Malem non riusciva a capire. Non era lui quel “terrorista”. Non poteva essere lui, poiché non aveva alcun ricordo di quei momenti.

Sdraiato sulla branda, chiudeva gli occhi ancora una volta. Una parte di lui sapeva che era meglio così. Meglio quel buio assoluto. Se avesse davvero potuto ricordare, sarebbe morto.