Cabronas

C’è Verónica, la maggiore di quattordici fratelli. La sua infanzia finì il giorno in cui suo zio abusò di lei. C’è doña Chelo, madre di dieci figli. Quando si negò ad averne altri il marito la picchiò a sangue. C’è doña Queta, a cui insieme ai figli la vita ha regalato anche un tumore. Maligni entrambi, ma i primi non li ha mai abbandonati. E poi c’è Lourdes, la regina dell’albur, e Amelia, e Mayra… Sono le cabronas di Tepito.

Barrio di schiavi e di puttane. Di protettori, pugili e ballerini di salsa. Origini oscure. Suburbia nel cuore stesso dell’urbe. Rifugio per ladri, tossici, trafficanti, travestiti. Mercato della varia umanità che s’adopera, s’ingegna, s’aggrappa alla vita con tutte le sue forze. Regno degli esclusi. Nel corso dei secoli.

Se nasci povero in un quartiere spaccato dalla droga e dal traffico di armi hai poco tempo per crescere. Se sei donna, non hai nemmeno quello. Sei nata infatti in una società così machista che chiama «amore» una sberla ben assestata, se a darla è il marito. Dove se non la dai sei solo una puta, e se la dai sei comunque una puta, ma gravida. E sola. Dove l’unico posto in cui stare è la strada, ma in strada è meglio non stare.

Qui, in questo luogo dove si prega la morte e si celebra la vita, la donna si è fatta cabrona. Per fottere la vita prima che questa fotta lei. Non per cercarsi problemi, ma per dare ai problemi una calda accoglienza quando questi bussano alla porta. Cabrona per ottenere respeto, che a fare la bonita snella e per bene ci vada qualche perrita di Polanco che della vita non sa un cazzo. Perché una cabrona è bella, sempre. E chi dice il contrario può andare a chingar la puta de su madre. Una cabrona soprattutto basta a sé stessa, non aspetta certo che qualche bel principito le porti dei fiori sotto casa solo per poi vantarsi con quattro stronzi di essersi fatto una bella scopata, mentre paga un giro di chelas.

Le cabronas vegliano sulla vita della comunità. Sono le madri, le sorelle, le nonne, le zie. Lavorano al mercato, educano i figli, cucinano delizie con quattro soldi. Ballano. Amano. Ridono in faccia ad una vita di che le vorrebbe buttar giù. E quando cadono, si rialzano. Nelle loro vene scorre il sangue indomito di un popolo orgoglioso.

A Tepito si vende di tutto. Ci puoi trovare anche un carrarmato, se sai a chi chiedere. Ma non la dignità. Non quella delle sue cabronas.