Cesare

Cesare non voleva entrare. Un’ondata di calore torrido invadeva la città, i notiziari avevano annunciato l’arrivo dell’anticiclone Lucifero su Roma e Cesare avrebbe solo voluto tuffarsi a bomba dallo scivolo dell’acquapark sul Gran Raccordo Anulare e girovagare tra l’area beach con infradito e Iphone insieme al roscio, amico fidato e procacciatore di guai, nato anche lui quattordici anni fa.

Ma quello era un giorno speciale, con l’arrivo di zia Patti, fuggita in India negli anni settanta per un ritiro spirituale mai compreso, l’intera famiglia si era riunita sotto al Colosseo per iniziare il tour culturale e mangereccio, piano appositamente studiato per scatenare un po’ di malinconia nella zia, che non aveva nessuna intenzione di ristabilirsi in patria.

«Cesare, sai che come il Colosseo anche il Taj Mahal fa parte delle sette meraviglie del mondo moderno? Dovresti vedere che splendore è! Tutto rivestito in marmo bianco e pietre preziose…Cesare?»

Cesare era concentrato a scorrere il profilo Instagram del roscio che pubblicava le foto della piscina con le onde, un momento invidiabile. Erano in fila da venti minuti, una voce proveniente dalla zona del metal-detector manteneva la calma, un gruppo di turisti cercava di difendersi dalla calura sventolando ventagli e city maps, altri scattavano selfie all’impazzata, c’era anche Mario, fratello di Patti e centurione in incognito che con la scusa della riunione di famiglia dava un’occhiata alla situazione in piazza dopo l’ordinanza sindacale. Mancava poco all’entrata gloriosa nell’anfiteatro, Cesare riusciva a intravedere l’arena, sentiva ruggiti leoneschi e il cuore battere velocemente, entrando un capogiro improvviso lo catapultò a terra sotto gli occhi preoccupati delle signore in bermuda.