Come Il Marrone Nell’Arcobaleno

Ci stanno guardando? Io non lo so, sento solo il tuo sapore.
Una mela squagliata in testa, alla Guglielmo Tell.
E’ tutto un sogno?
La nostra pelle color cuoio risplende e si disperde nell’abisso delle ombre più intime e personali.
Ci stiamo cibando, in coito, su un comò sparecchiato di mogano, distesi tra cassetti aperti e chiodi sporgenti, mentre la buccia, ossidata e marcescente, della mela che ho sul capo permea l’aria di quel particolare pizzicore olfattivo di gas spartani e di flatulenza da dieta iperdosata di fibre.
La morte puzza terribilmente.
Posate strette nelle mani, carezze prensili d’argento buono per assaporarci.
I tuoi seni pallidi, uno in una capiente scodella in ciliegio, l’altro appoggiato alla mia spalla, sono rilassati e placidi, incuranti, ma coscienti, della lama e del cucchiaio che li stanno scavando lentamente.
Lentamente, ti sto assaggiando.
Il mio viso deformato e affamato sta svolgendo uno studio antropometrico sul tuo, divorandolo quasi in un bacio che è in realtà un morso delicato, passionale, erotico.
Innamorato.
Il coltello che sta recidendo la cute burrosa è guidato dalla tua mano che, in gesto di pura bontà cristiana, si sta offrendo volontariamente alla mia forchetta ingorda.
L’amore non riesce a raggiungere nessun tipo di equilibrio, è impossibile arrivarci dopotutto. Forze contrapposte in trazioni violente, desideri e piaceri egoisti per un’estasi di personalità anteposte e contraddittorie.
L’amore ci dividerà ancora, quindi uniamoci.
Manicaretti corporei che ci scambiamo fino a soffocarci in gutturali bocconi di carne grugnita e ingurgitata. Siamo dentro uno all’altra in un sapido plateau d’acme genitale, erezioni linguistiche e penetrazioni dentali.
Epiglottidi raggomitolate nel bolo della corrispettiva polpa.
Sitofilia definitiva, un dualistico Nyotaimori d’estrema unzione, circondati da un mare esteso, un deserto sterminato di liquida sabbia bonaria, crivellato da monti e colline lontani che si ergono imponenti tra lava densa e rossastra e città con chiese anemiche e splendenti, tra fanghiglia piroclastica e acqua sulfurea, obsoleti sedimenti trascurati di precedenti ere.
Una scatola di Lemarchand tra neofiti cenobiti consapevoli.
Il piacere è dolore e il dolore è piacere in ambigue espressioni facciali non verbali di efferate affettuosità corrisposte.
Eccoli, sono arrivati. Li sento amore. Ospiti a fissarci in questo nostro banchetto erotico, occhi languidi ed eccitati a guardarci dall’esterno in un sado/snuff/peep-show per voyeuristi indefessi.
Esibizionismo risolutivo e forzato tra opere d’arte e oscenità censurata nel nostro esprimere sentimenti androgini sotto lo sguardo attonito di accaniti spettatori paganti. Pezzi da museo sotto gli occhi di tutti, è il nostro viverci universale.
Trangugiarsi, rimpinzarci l’uno dell’altra, annientarci per amarci, fino a consumarci. L’annichilimento fisico è solo l’orgasmo di quello spirituale.
Amore eterno è il prodotto d’una bocca piena e straripante della persona amata e un processo digestivo efficiente.
Sospiro dopo la piccola morte.
Risoluzione.