L’involuzione femminile

Giuro che mi sono accasciata sul divano per errore.
Giuro che non sono capitata volontariamente davanti alla tv questa sera, soprattutto nel momento in cui era nel pieno del suo svolgimento un film cult: “Scusa ma ti chiamo amore”.
Ammetto però di non aver trovato la forza di contrarre gli addominali e alzare il sedere per andarmene, ma forse è stato decisivo, perché negli ultimi 10 minuti di film mi sono accorta di dove si sia arrestata l’evoluzione dell’homo sapiens. Il punto preciso in cui la ruota ha smesso di girare in un verso e si sia aggrovigliata nell’altro, come uno yo-yo quando arriva a terra e torna su arrotolandosi dall’altro lato.
Ma tale rivelazione si è manifestata in diverse forme, fuorvianti, e non è stato facile discernere immediatamente a quale scimmia si fosse bloccata la crescita.
Inizialmente ero un po’ indecisa tra l’esemplare di coinquilina sapiens, annidata in un cumulo di coperte felpate e la pessima recitazione della protagonista del romanzo, simil bimbamikia in fase isterico premestruale. Alla mia attentissima analisi non è sfuggito il considerare di quale malattia potesse essere stato colpito chi permise a un tale film di essere proiettato in televisione, presso che dottore fosse in cura chi lo aveva prodotto e di che sostanza si fece lo scrittore.
Avevo senza dubbio abbastanza materiale per poter dedurre che l’essere umano nel corso della storia abbia determinato la propria presenza nello spazio ed espresso i biechi contenuti della sua mente in modo del tutto, o per lo meno parzialmente, condizionato dagli effetti di stupefacenti e allucinogeni.
Sapevo anche che tali produzioni di demenza fossero state permesse e legittimate, perché canale cinque esiste da decenni; e dovevo dedurre che la selezione naturale tuttora dava a idioti cerebralmente sani la facoltà di decidere cosa proiettare.
Mi chiedevo se esistesse qualcuno che potesse gestire il proprio libero arbitrio saggiamente, decidendo di cambiare canale.
E’ così che il mio sguardo si è posato sul cumulo di lenzuola ronfanti.
Secoli e secoli di evoluzione per arrivare alla donna sapiens autosufficiente. Eccola.
Attorcigliata su stessa, mangiantesi i suoi stessi capelli nel sonno, gli occhi confusamente nascosti dalle braccia, l’alluce scivolato nella tazza di latte sul pavimento, il cereale nel naso che si muove dentro-fuori al ritmo del respiro. Io sapevo che dietro quell’ingenuo sonno si stagliava, erto e fiero un sogno magnifico quando invero: Raoul Bova che le dichiarava amore eterno.
No dai, non poteva essere possibile. Da leonessa a orsetto lavatore in letargo. Ulteriore involuzione.
Una donna emancipata che la mattina esce di casa tutta truccata, indossa i tacchi e parte alla scalata della sua carriera professionale, sceglie il tragitto con più negozi perché ama vedersi riflessa sugli specchi scuri delle vetrine di Mango, farsi divorare come una papaya dagli avvocati dello studio vicino al bar dove si ristora e trae godimento dall’ignorare i kebabbari che sotto i portici immaginano di spogliarla come una banana…
Questa fiera cacciatrice di taglie che alla fine del pranzo si asciuga le labbra con il tovagliolino merlato in un modo sensuale per attirare nella sua tela il partito più disponente.. ora giace completamente immobile, quasi prima del mortal sospiro, una sorta di spoglia immemore orba di tanto spirto.

D’altra parte se il modello che le viene offerto alle dieci di sera in televisione è quello di una diciottenne nel pieno dei suoi sbalzi ormonali innamorata di un quarantenne in crisi di mezza età, posso capire che si sia abbandonata, preda dello sconforto, a un sonno conciliatore.
Conciliatore per lo meno delle sue voglie: magari nei suoi sogni può ancora sognare di essere Xena o la Giuditta che tagliò la treccia di capelli di Oloferne. (Che poi era lei? Non le interessa) L’unica cosa che taglia in questo momento è il silenzio del salotto: con il suo russare.

Si ferma qui l’evoluzione? Ritrovarsi a fine serata snocciolati su un divano a sognare di avere a propria disposizione una macedonia di uomini, di tutte le salse da condire a proprio piacimento. E invece ci si addormenta disegnando bolle di sapone con il naso.

Poi mi sono guardata e riconosciuta in pigiama, con una macchia di gelato alla fragola sulla mia canottiera di Hello Kitty e ho capito che potevo considerarmi parimenti colpevole dell’involuzione umana.
Peccato, quella mattina mi ero svegliata sentendomi wonderwoman e invece mi trovo stravaccata su un divano imbriciolato accanto a delle coperte che russano, e le uniche informazioni che entrano nel mio cervello provengono da una voce stridula che mi urla dalle casse “ma che importanza ha l’età se c’è l’amore”.
Bella mia. Tagliati le ciocche perché quelle quattro che hai ti ostruiscono l’afflusso di ossigeno al cervello.

Io forse una cosa l’ho capita…l’evoluzione starà anche attraversando un periodo di crisi, ma ci sarà sempre qualcuno con la canottiera di Hello Kitty pronto ad analizzare il problema in modo oggettivo ed eventualmente a salvare il mondo.

(di Camilla Andrea)