Paralisi

Una strada che sembra non finire mai, continue deviazioni: ti sembra di andare nella giusta direzione, finalmente, e continui a seguire il navigatore che è nella tua testa. Poi però ti perdi un attimo e cerchi di ritornare in carreggiata. Ma hai sbagliato strada, di nuovo. Ma ecco! Ecco la strada! La imbocchi e continui a viaggiare. C’è un tempo in cui mi ci vogliono pochi giorni a rialzarmi, e un tempo in cui, invece, ci impiego mesi, o un anno.

Questa volta io ci ho messo un anno: 365 giorni e la forza per rialzarmi ancor non trovo. Provo una tale intensità di piaceri e pene da rendere pochi secondi una vita intera. Sensazioni drammatiche e dolorose ma che contemporaneamente innalzano la mia anima. È un eccesso di luce che indebolisce gli organi della mia vista accecandomi completamente. Oscurità. Un anno e un attimo. Pochi giorni e una vita intera. E mi manca il farmaco d’ogni natura: il sonno. La vita scorre e io non mi muovo. Sento voci: quella di mia madre che odio anche se non voglio, quella di mia sorella che mi dice di reagire, quella del mio amore che non mi riconosce più. Tutto scivola davanti ai miei occhi, rimbomba nelle mie orecchie, sfugge dalle mie mani. Le palpitazioni del mio cuore sono vane. Non sento l’affetto in nulla e ho la sensazione di affogare quando tocco il fondo dei miei pensieri, quando penso al corpo che mi è toccato, così finemente strutturato per provare il dolore e il piacere, così sensibile da non sentire più nulla.

Sto affogando sul serio. La testa non trova aria, non riesco ad uscire da questo fiume in piena di sensazioni mai provate prima. Passo le giornate in questa stanza piena di cose, di libri, piena della mia vita. Ma tutto ciò che aspetto è una risposta. Impazzisco. Così decido di andarmene. Cambio casa, cambio letto, e non vedo più nulla di ciò che avevo costantemente davanti ai miei occhi a casa con mia madre. Mi manca. Da un mese la persona che amavo mi ha lasciato, un mese lungo una vita, o un minuto: un mese in cui nulla è accaduto. Una settimana che non vivo con mia madre. Tre anni che mio padre è morto. Un anno che io mi sento male.

Quanta strada dobbiamo percorrere, ancora? Quanto tempo dobbiamo attendere prima di porre fine a queste sensazioni che artigliano il nostro cuore? Solamente quando cominceremo ad amare. Quando guarderemo il volto di nostra madre pensando a quando ci prendeva per mano e ci accompagnava a scuola. Quando ci sentivamo amati e non chiedevamo nulla in cambio.

(di Maria Chiara Costa)