Simbiosi

Gli aveva chiesto di aspettarla li, sul divano, e lui era rimasto allibito.
Era il suo re, la sua unica ragione di vita e, malgrado questo, aveva osato non solo dimenticarlo li seduto, pensando di cavarsela con un “torno subito, Amore”, ma lo stava anche volutamente ignorando, facendo finta di non cogliere i segnali che le stava lanciando. Lui si stava annoiando, e l’irritazione si stava trasformando in rabbia. Lei non si stava rendendo conto che stava tirando la corda, facendolo aspettare tutto quel tempo: non si poteva far fare da tappezzeria a uno come Lui.
“Guardala”, pensava, “come si sta atteggiando con quel bicchiere in mano.. Chissà chi si crede di essere. Ma poi, cosa sta bevendo? Vino?”
L’incredulità gli fece sbarrare gli occhi. Lei aveva ricevuto delle direttive molto chiare sull’assumere alcolici. Tutta la loro relazione si basava su accordi estremamente vincolanti: lei non poteva uscire senza di lui, non doveva andare a letto dopo una certa ora, raramente poteva vedere gli amici. Lui era l’unico, solo, centro del suo mondo.
Nel bicchiere il liquido ondeggiò lanciando riflessi rossastri, mentre lei lo portava alla bocca, dicendo qualcosa, ed il gruppo di persone tra le quali si trovava scoppiò in una sonora risata. Qualcuno si girò a guardarlo.
Sicuramente si stavano facendo beffe di lui. Era incredulo per tanta sfacciataggine. Cosa stava succedendo? Cosa aveva sconvolto, in pochi minuti, un’ esistenza di obbedienza incondizionata e rispetto? Un urlo di rabbia gli morì in gola.
Era un gesto di ribellione alla sua autorità? A lui, il sole che ogni giorno illuminava le sue giornate? L’unico motivo che rendesse quella di lei un’esistenza degna di esser chiamata tale? Si trattava quindi una ripicca? Forse che le sue carezze erano diventate troppo pressanti, ultimamente? Ma no, non poteva essere questo il motivo. Certo che lei, nell’ultimo periodo, era sempre più restia a concedersi. E non poteva quindi lamentarsi se lui, quando finalmente arrivava il momento, la stringeva con mani piene di desiderio e le si aggrappava con disperazione ai seni, a volte con tanta forza da farle male.
Lei si stava allontanando, questa era la verità, ma lui non avrebbe permesso che questo accadesse. Gliel’avrebbe fatta pagare cara.
Il flusso di pensieri fu interrotto dal cocker dei proprietari di casa che si avvicinò per annusargli una mano e che poi, forse intuendo la portata del suo turbamento, salì sul divano, accoccolandoglisi di fianco.
“Eh no però, il cane dovresti tenerlo legato, quando vengo con il bambino! Dai, andiamo, è anche l’ora della pappa”.
Fu sollevato in aria e sistemato in braccio, nel posto che gli spettava. Il calore del corpo che lo sosteneva e la prospettiva del pasto lo ammorbidì. L’avrebbe perdonata, per questa volta.