Un motivo

Lungo, corto, macchiato, stretto, in vetro, shakerato, americano, decaffeinato, orzo. Varianti e distinzioni per quel che per alcuni è solo una bevanda, per altri un piacevole partner per una sigaretta e per me, è un motivo. Sempre e soltanto un motivo.
“E’ una vita che non ti vedo! Perché oggi non ci prendiamo un caffè?”. Non ci pensi, è la frase più naturale al mondo, e non ti rendi conto che non è quel liquido scuro con poco zucchero che desideri. Lo stai utilizzando come tramite, come motivazione per raggiungere una persona, un affetto, un momento, una situazione. E’ sempre così. Almeno per me.
Un caffè come passepartout verso quelle persone con cui è più difficile incontrarsi, dove la voglia di un semplice “vediamoci” è sopraffatta dalla vergogna di un eventuale ”no, oggi non posso!“.
Ed è stato così pure col nonno, la sua durezza di chi nel tempo ti ha spiegato tanto senza il bisogno di dire niente, e il nostro rapporto fatto di interminabili silenzi e calorosi imbarazzi. Entrare in casa sua senza una scusante, quasi obbligato ad un gesto affettuoso che il mio carattere non concede così spesso, trasformava il piacere in disagio. Fino all’età in cui i genitori ti ritengono abilitato, e quel rossore al viso da bacio sulla guancia, si è presto trasformato in un piacevole rimprovero a mia nonna per non aver ancora preparato la moka. Rigorosamente da due. Rigorosamente io e lui. Senza bisogno di alcun bacio. Solo un caffè insieme. Qualche minuto ad aspettare che salisse, un’amorevole presa in giro verso la nonna che lo versava e quel sorriso d’intesa nel passarsi la zuccheriera. No, la grappa subito dopo non la voglio, grazie.
Ora il nonno non c’è più, entro in casa sua e non serve alcun rimprovero. La nonna tiene pronta la moka ma è solo per me. Sorseggio il caffè guardando il divano. La nostalgia mi assale e nello stomaco percepisco un gran vuoto. Il calore del primo sorso un pochino lo riempie. D’improvviso mi sento meno solo. Più sorseggio e più lo sento con me, il nonno.
Lo vedete che, nonostante tutto, il caffè resta comunque il mio motivo?

di Alex Alessandrini