Venuto alla luce

Hai bussato quando non ci stavamo pensando, proprio come pronosticato. Avevamo finito cena, in tv Lilli Gruber parlava di politica e noi commentavamo assenti. Tuo papà aveva iniziato a caricare la lavastoviglie, io ti accarezzavo attraverso la pancia, un po’ stanca e colma di quell’attesa che mi elettrizza da nove mesi. «Fabio – la voce mi era uscita sottile, mentre ancora non mi capacitavo di essere protagonista di quel momento – mi sa che ci siamo». Ci eravamo guardati, era trascorso un intero universo.

Non so bene cosa abbiamo detto, fatto, e pensato: era sera, era finita la giornata, ma tutto stava iniziando sotto i nostri occhi. La valigia per l’ospedale era pronta, la macchina in garage. Alle dieci meno un quarto di una fredda e tersa notte di gennaio ci siamo presentati al pronto soccorso. Io, tuo papà, e in fondo anche tu, che forse iniziavi a percepire qualche cambiamento in quella calda sacca protetta che ti aveva finora tenuto all’oscuro del mondo. Noi, invece, il mondo lo stavamo cavalcando alla velocità folle e leggiadra di chi sta generando la vita.

E adesso eccoci qui, piccolo mio. Abbiamo fatto i controlli di prassi: le contrazioni non sono ancora giuste, la dilatazione non è ancora sufficiente, così ha sentenziato l’ostetrica che ci ha messi a letto, sparendo dietro la porta che si richiudeva. Ci ha lasciati soli, in questa stanza affacciata sul mare scuro increspato dai fari del porto. Io e te, nella notte che rivoluzionerà tutto.

Sei pronto, cucciolo? Ti penso a ogni respiro, le viscere strette dalla voglia di abbracciarti, in questa attesa che non è mai stata più spasmodica di adesso. Poche ore, qualche giro di lancetta mentre sento il corpo adattarsi alla tua prossima partenza, e immagino te, le tue manine strette a pugno, il terrore del viaggio verso una destinazione ignota, lo sconcerto della luce che ti accoglierà. So che ci sei: sento i tuoi piedini, il tuo singhiozzo e il tuo sonno innocente. Ci conosciamo anche se non ci siamo mai visti, separati da una pancia, io nel mondo del sole e della luna, tu nel magico liquido dove si coltiva la vita, all’oscuro di tutto, cieco rappresentate della meraviglia umana.

Vorrei che questa notte non passasse mai, amore mio. In questo silenzio invisibile ti parlo e stempero la paura, sogno la voglia di cullarti, e conservo la speranza che l’alba non ci avvisi e ci sorprenda così, squarciando dolcemente il buio della stanza e accendendo i riflettori della nuova vita che illuminerà la nostra.