PUNKY REGGAE PARTY

La punky reggae connection fu una questione fondamentalmente londinese: fu possibile in quanto era ben presente e radicata in città una comunità giamaicana sin dai primi anni ’50, principalmente in quartieri come Brixton e Ladbrooke Grove.

La musica giamaicana aveva già attecchito in Inghilterra a partire dagli anni ’60, con Mods e Skinheads inglesi che fecero di ska, rocksteady e original reggae la colonna sonora del loro total look.

Parliamo quindi di una situazione giovanile generalmente ben ricettiva verso i suoni dell’isola, e così fu anche nella primissima seconda metà degli anni ’70.

Dalla Giamaica usciva quello che verrà definito Roots Reggae, caratterizzato da altre tematiche rispetto allo status quo di ska/rocksteady/reggae: si inizia a parlare di Jah, inizia l’epopea Rastafariana, si parla di situazione sociale, insomma una musica che va a configurarsi come “militante”.

Un po’ quello che i ragazzi bianchi stanno facendo a modo loro a Londra con i primi vagiti punk: i prime movers come Clash e Pistols è gente che la materia giamaicana la conosce bene, per averla imparata in strada.

Don Letts, dj anglo giamaicano, suona dischi dub e reggae tra un set punk e l’altro al Roxy Club di Covent Garden: “Non c’erano dischi punk nostrani da metter sul piatto, perchè dovevano ancora essere incisi, così mettevo dub reggae intervellato ogni tanto da MC5, Stooges, New York Dolls e Ramones”.

Un buon esempio dei pezzi suonati da Don Letts in quelle storiche serate si possono ritrovare nella compilation da lui curata, “Dread meets Punk Rockers Uptown”.

Intanto arriva il fatidico 1977: nel primo album i Clash rifanno “Police & Thieves” di Junior Murvin; la suonano a modo loro, più rude ed elettrica rispetto alla contemporanea versione originale.

E’ il primo esempio musicale di punk reggae.

Bob Marley nel 1977 si trova in città e scrive “Punky Reggae Party”, lato b di Jamming, gran pezzo celebrativo di quello che sta accadendo:

“Wailers still be there,

The Jam, The Damned, The Clash

Wailers still be there

Dr. Feelgood too, ooh”

In un intervista dice: “E’ diverso ma mi piace. I punk sono i reietti della società. Così come i rasta. Anche loro difendono ciò che noi difendiamo”.

L’esempio dei Clash viene seguito in ambito punk qualche mese dopo dai Ruts, i quali registrarono un paio di pezzi reggae micidiali, dai Members e dagli Stiff Little Fingers di “Johnny Was”.

I Pil di John Lydon furono pesantemente influenzati dal dub e tracce di reggae si possono rintracciare anche nella prima fresca new wave di Elvis Costello, Joe Jackson e Police.

Fu una cosa praticamente univoca, nel senso che gli artisti bianchi britannici ne furono influenzati, i gruppi reggae inglesi invece non particolarmente (parlo sempre a livello di suono).

Poi arrivò la Two Tone, con il recupero sonoro e stilistico dello ska, ma quella è un altra storia.

Una “Punky Reggae Compilation” io la farei così:

  • Clash – Police & Thieves
  • Clash – White Man in Hammersmith
  • Clash – Guns of Brixton
  • Stranglers – Peaches
  • Stiff Little Fingers – Johhny Was
  • Ruts – Jah War
  • Members – Romance
  • Joe Jackson – Sunday Papers
  • Elvis Costello – Watching the Detectives
  • Police – Roxanne

Vi consiglio il bel libro di Don Letts “Punk e Dread”, la compilation da lui curata di cui sopra e “Punky Reggae Selecta”.

Alberto Visentin Casonato