Almeno il sangue è mio

Questo articolo avrebbe dovuto essere completamente diverso. Questo articolo sarebbe dovuto essere una lunga e dettagliata apologia sulla mia fobia degli esami del sangue, un piccolo racconto a carattere assolutamente non divulgativo e totalmente privo di morale, in cui avrei nuovamente imperversato con storie di amori difficili, valori alterati, autolesionismo e altre delizie con cui la mia generazione va a braccetto, me inclusa, e che parliamoci chiaro, commuovono e vendono. Come gli animali. Commuovono in particolare quelli più pelosi, in pose buffe magari, o quelli che l’estate si tuffano nel Lago di Garda per salvare la loro padroncina. Vendono nettamente di più quelli morti. Ho anche pensato che avrei potuto svelarvi quello che nessuno vi ha mai detto sul ciclo mestruale e farvi andare di traverso la colazione. Probabilmente vi farò andare qualcosa di traverso comunque, ma per una causa più nobile della semplice frustrazione che provo nei confronti del genere maschile per cinque giorni al mese.

Sono stata vegetariana per tre anni. Lo sono diventata da un giorno con l’altro, senza informarmi, senza sforzi, senza subire il lavaggio del cervello dall’amica con la gonnellona in fibra di canapa e i fiori intrecciati nei capelli. Una sera tagliando la famosa “fettina” ho visto il sangue e il grasso scivolare fino al mucchietto di carote, un unico e sottile rivolo rosso che mi è sembrato così sbagliato. La consapevolezza è venuta dopo.

Sono vegana da pochi mesi. Avete presente i vegani? Quelli che vi mettono a disagio davanti alla vostra pizza al prosciutto. Quelli a cui dovete raccontare della vostra anemia e delle vostre vitaminosi per giustificare il fatto che state mangiando una pizza al prosciutto. Quelli che “è una scelta radicale ed estremista”. Perfino il mio correttore automatico di bozze segnala “vegano” come errore. Pure qui un unico e sottile rivolo rosso digitale. L’avete letto Oliver Twist? Ecco, in Oliver Twist c’è un dialogo estremamente spassoso in cui si discute del fatto che l’eccessivo consumo di carne renda aggressivi. Mi dispiace signor Dickens, ma il mio apparato digestivo non vede una bistecca da parecchio tempo, eppure sono ancora molto aggressiva, e molto arrabbiata. Mi piacerebbe avere lo spazio per raccontarvi un sacco di cose che probabilmente non sapete, spiegarvi che il consumo di carne inquina di più della vostra automobile (lo so, lo so, ne mangiate così poca. Solo quando andate a trovare i vostri genitori. E quando sono fuori come faccio? Io non la compro, ma se la offrono…), che gli spazi agricoli e le risorse idriche utilizzate esclusivamente per mandare avanti l’industria della carne potrebbero sfamare il vostro bambino adottato a distanza, e che troverete più ferro in una melanzana che nella suoletta di scarpe che vi danno in mensa. Dirvi che chiamarsi fuori da un massacro assolutamente superfluo nella società contemporanea, perché di questo si tratta, un massacro, (questa parola vi rende inquieti? Massacromassacromassacro) non è così difficile. Magari potrei dilungarmi in una dettagliata descrizione di quello che succede veramente nei macelli, quelli che “se avessero le pareti di vetro sarebbero tutti vegetariani”. Ma queste sono dati a disposizione di tutti. Troverete statistiche ben più imparziali di me, brutte pubblicità della PETA con Pamela Anderson che vi informa che vegetarians do it better, ricettari e filmati che Youtube vi segnalerà come inappropriati e che faranno distogliere lo sguardo / tappare le orecchie / uscire forzatamente dall’applicazione / di polli e conigli (sì, conigli, ve lo ricordate Ciuffo, il vostro animale domestico all’epoca dell’asilo?) rinchiusi senza luce, senza possibilità di movimento e menomati (vi rende inquieti anche questo? Menomazionemenomazionemenomazione) che dovrebbero non farvi dormire. Perché, al contrario di quello che non vi fa dormire dopo esservi sparati in streaming tutta la saga di Saw fumando un paio di cannette e rendendovi dei mucchi di coperte paranoidi per tutta la notte, quello che vedrete versato in questi contenuti inappropriati è sangue vero. Non mi interessa guardare il piatto altrui, anche perché di solito il mio è ben più colorato, e neppure puntare il dito. Tutte le mie dita sono troppo occupate a contare le scelte assolutamente immorali e non etiche fatte nella mia vita. Ce n’è solo una, forse, che posso non considerare tale. Ed è quella di aver deciso di superare la mia fobia e farli, questi benedetti esami, sapendo che in ogni caso, il sangue che finirà in quella provetta, il sangue che mi porto in giro ogni giorno e che mi va al cervello troppo in fretta quando mi chiedono: “Ma allora non mangi nemmeno la mozzarella?”, è solo mio.

di Giorgia Papagno