Bangalore

La spiaggia: si può solo andare avanti non si torna indietro.
Qui si muore. Davanti il filo spinato. Solo un numero: 12. Esiste un modo per aprire la barriera di filo spinato? Sì.
Ed è stupido: bangalore, tubi di gelatina. E numeri.
Chiamano il tuo numero. Rispondi.
Se non rispondi sei già morto, oppure ci pensa il sergente a mandarti all’altro mondo. Prendi un tubo di esplosivo e corri al varco. Lo infili sotto al reticolato. Da dietro lanciano altri tubi e li unisci uno alla volta fino a fare un serpentone. E stai lì finché una pallottola non decide di fare la tua conoscenza.
– Numero uno –
– Caduto –
– Due –
E corre. Infila tre tubi. Poi una scarica lo ferma. Parte il tre. Falciato prima di arrivare. Il quattro e il cinque sono al Creatore. Sei: un tubo. Sette: due tubi.
Forse il tedesco dall’altra parte sta cambiando la canna e l’otto riesce a infilarne perfino quattro. Nove: si alza gridando e a metà strada esplode in una fontana di sabbia e sangue. Dieci: non c’è. Undici: un tubo. Dodici. Ne devo infilare almeno altri due. Poi innescare. Avrò io l’onore di sverginare questa fica spinata? Sto giù più che posso. Il primo va. Poi anche il secondo. Innesco.

Colpi da tutte le parti.
Aspetta. Devo trovare un riparo se non voglio finire dilaniato dall’esplosione. Riparo? Dove in questo casino? Una buca a pochi metri. Mi butto dentro.
Prendo in mano il detonatore e grido:
– Bangalore! –
Da dietro la risposta:
– Bangalore! –
Contatto. Un boato. Schegge. Sabbia. Fumo. Il varco è aperto. Avanti bastardi. Andiamo. Un altro metro.
Un altro giorno se vogliamo tornare a casa. Altri numeri che vanno avanti.

(di Iena)