BHAGAVADGITA

Dall’angolo della stanza, il dottor Oppenheimer è maestoso nel suo mantello cremisi, l’elmo antipsionico calato a coprire con la visiera i suoi occhi di ghiaccio. Quando io e Silverwing l’avevamo accolto nella Hero League, gli avevamo chiesto quali altri super poteri avesse oltre all’ultraintelligenza donatagli dall’incidente. La sua risposta, laconica, era stata “Ne servono altri?”.
Per tre anni ci aveva aiutato. Aveva progettato e costruito il nostro bunker. Aveva creato le ali a propulsione per Silverwing, la mia corona psichica e l’elettrofrusta di Thunder Woman. Sua l’idea di fondare basi distaccate sparse per il globo per combattere i malvagi più efficacemente. Sua l’idea di piantare bombe elettromagnetiche in ognuna di queste. Sue le trappole antigravitazionali nelle quali io ed i miei compagni ora eravamo intrappolati, guardando inermi mentre si apprestava a far precipitare la civiltà nel caos. Le ultime due, purtroppo, a mia insaputa.
“So cosa ti stai chiedendo, Captain Wonder” dice voltandosi “o meglio, Robert. Ti stai chiedendo perché sto per porre fine al mondo come lo conosciamo”. Non posso dire di essere eccessivamente sorpreso dal fatto che avesse ragione, o che avesse scoperto la mia vera identità se è per questo. “Ho appreso tutto quello che c’era da apprendere su questo mondo. Tutti i suoi pregi, tutti i suoi difetti. E come quando giochi coi Lego, per costruire qualcosa di nuovo devi distruggere quello che c’era prima”. Un suo sguardo fugace al corpo inerme di Valentine tradisce una totale assenza di empatia “Fortunatamente Thunder Woman aveva quel suo fondo fiduciario da cui attingere”. È teatrale nei gesti, sa di non avere fretta. Il colpo di rimbalzo che ha tagliato in due Valentine ci aveva fatto capire che il suo scudo non aveva punti deboli. Si avvicina al podio dove il grosso pulsante rosso che darà inizio alla fine del mondo brilla di una luce sinistra. Sullo schermo di fronte lampeggia ‘BOMBS READY’. La mia voce quasi si spezza mentre retoricamente gli chiedo “Perché allora mi hai tenuto in vita?”. L’accenno di un sorriso gli increspa le labbra. “Perché ora che sto per diventare Morte, distruttore di mondi voglio che qualcuno assista. Hai presente la storia dell’albero che cade in una foresta dove non c’è nessuno? Beh, sento che la mia apoteosi sarebbe svuotata di valore se fossi qui da solo”. Sfilandosi il guanto ed allungando la mano verso il bottone si volta verso di me
“Ora inchinati, mentre divento dio”.