La Borsa

Entrai in auto. Girai la chiave e marcia dopo marcia mi ritrovai nella tangenziale. Mentre percorrevo la strada si materializzavano nella mia mente le figure delle persone che odiavo sin dal giorno del mio arrivo in quel posto sempre osannato. Uno dopo l’altro comparivano nei miei pensieri. Non facevo nessuno sforzo per scacciarli via. Facevano tutto da sole.
Poi giunse il turno della sua immagine. Lei, con i suoi abiti costosi che camminava per le strade della città. Nel suo volto si intravedevano i segni di una lotta. Faceva di tutto pur di sembrare una di quelle che non smetteva mai di ammirare. Non si perdeva nessuna sfilata. Era sempre lì, in fila, senza mai voltare indietro lo sguardo. Nutriva una spasmodica ossessione nei loro confronti. Guai a farglielo notare.
Un giorno, mentre ero nel nostro appartamento – rigorosamente al centro, secondo le sue necessità – trovai la sua lettera di licenziamento. Pensavo fosse ancora la segretaria di quell’avvocato, ma mi sbagliavo. Mi teneva lontano dalla sua vita, mostrandomi solo una minima parte di essa.
Negli ultimi giorni non rincasava nemmeno. Trascorreva la maggior parte del tempo alle feste esclusive che gli stilisti organizzavano. A certi eventi contava esserci, e lei non ne mancava uno. Usciva di casa con la sua borsa piena di vestiti e si cambiava lì dove capitava. Ormai la sua vita era divenuta schiava dei tempi frenetici.
La invitai a bere una birra. Ai primi due appuntamenti mi diede buca. Lei era divorata dalla sua voglia di strafare, io dalla solitudine che la sua presenza non smetteva di trasmettere. Era così evidente da non accorgermi della sua scomparsa. Abitavo un appartamento con una persona che viveva altrove. Mi sforzavo di capire se l’amavo ancora. La verità era tutta nella sua borsa, negli abiti che acquistava ogni giorno, nel denaro che non smetteva di chiedermi in prestito.
Si presentò al terzo appuntamento. Nei suoi occhi leggevo il disagio che provava alla vista di quelle pareti sudicie su di cui erano appese targhe di qualsiasi genere.
Ci furono silenzi e sguardi assenti. Teneva fissi i suoi occhi sull’uscita. Presentandosi a quell’appuntamento mi aveva concesso un’esclusiva. Era troppo impegnata nelle sue cose da ritenermi un intoppo alla sua aspirazione. Ero lì davanti a lei, senza dire una parola, aspettando un suo segnale, ma non fece altro che confermare quanto avevo pensato nella mia più completa solitudine.
Girai la chiave. Per pura combinazione avevo fatto il pieno di carburante.
Ci lasciammo in quel pub, senza mai fare i conti con le nostre lacune, con i nostri sensi di inferiorità, con i nostri spazi reclamati a gran voce dall’individualità più spietata.