Breve apologia della noia

Di una cosa possiamo stare certi: la noia esiste. Eccome se esiste! Trascorriamo metà della nostra esistenza annoiati e l’altra metà a far di tutto per paura di annoiarci. Quel pendolo che oscilla tra dolore e noia che è la nostra breve vita non si rivela esser altro che un continuo tentativo di fuga da uno stato che è tuttavia connaturato. Mettiamoci il cuore in pace: non si può vivere senza noia. Nasci, ti annoi, muori. Certo che se fosse tutto qui non ci sarebbe un granché da aggiungere. Fortunatamente però in questo limbo di ansia che ci spinge a fare troppo e a troppo poco pensare, si scorge uno spiraglio: la noia può essere anche bella. Annoiarsi può essere magnifico! Ma in che senso? A pensare si tratti di un trastullo pomeridiano da radical chic vi sbagliereste; non s’intende affatto meditare coscienziosamente su pensieri abissali guardando un punto fisso nel vuoto. Si tratta di fare una cosa – quantomeno in apparenza – molto più normcore: riuscire a star fermi nelle proprie aspettative senza soffrirne. Chi sa annoiarsi e trarne profitto è colui che ancora pensa alle cose come potrebbero essere, non lasciandosi distrarre e portar via da tutta quella frenesia di stimoli che ci rende apatici. Cos’è questo rimettere in questione sempre il nostro presente vagheggiando sul passato e meditando su di un futuro possibile? Ecco cos’è la noia: imparare a fermarsi dal flusso del divenire delle cose, crogiolarsi in una progettualità migliore del nostro momento presente e anelare all’ideale. Chi sa cos’è la noia e la vive coglie l’attimo. Un attimo che può venir sentito e esser vissuto come rischio, ma anche e auspicabilmente come opportunità. Impariamo allora l’arte di annoiarci! Annoiamoci responsabilmente! Evviva la noia! (Ma annoiamoci responsabilmente, nda).