Bud Spencer

“Salve, mi può fare un caffè.”
“Come lo vuole?”
“Me lo faccia lungo venti minuti, pieno di aspettative e che abbia un lieto fine. Grazie.”

Vorrei tanto essere in un set cinematografico e poter ordinare un caffè alla Friends; essere uno dei personaggi presenti nella storia e sapere che alla fine di ogni singolo episodio ci sarà una conclusione, una battuta, o anche un finale triste che metta la parola “the end” ad una giornata.
E’ che invidio la vita che fanno i personaggi nelle pellicole; in un film tutti i dialoghi vengono ascoltati, i sentimenti sono ben riconosciuti, i cambiamenti di una vita accadono in 15 minuti al massimo! E tu ti ritrovi a guardare tutte queste scene e a chiederti: perché la mia vita non é come la loro?
Perché quando sono al bar, a bere un caffè e conosco una persona che diventerà importante per me non appare nel mio campo visivo un numero che gira e che tra parentesi mi segna (1) con un campanello, per dirmi che è l’inizio di qualcosa di importante (come in 500 giorni insieme).
La verità è che vorremmo vivere con le regole dell’universo cinematografico. Riscontrare quella giustizia cosmica presente nelle pellicole; situazioni in cui se sei una brava persona, se ti comporti in modo corretto, certe azioni ti porteranno a trovare l’amore della tua vita o il lavoro dei tuoi sogni.
Il problema è proprio questo, si aspira ad essere il protagonista di un film perché quest’ultimo ci viene presentato con azioni comuni, con gesti semplici e naturali, come quello che compiamo ogni mattina per darci la carica, ossia l’assaporare un buon caffé, e ci immedesimiamo in lui talmente tanto che se non proviamo le sue stesse emozioni rimaniamo delusi dai risvolti della vita reale.
Quante volte abbiamo visto nei film il bollente caffé o il bianco fumo di una sigaretta che determinano le azioni dei nostri cari protagonisti? Spesso vengono utilizzati per contestualizzare l’aspetto umano del personaggio; è stato pure creato il progetto Coffee and Cigarettes, nato come una serie di cortometraggi e poi diventato un unico film nel 2003,  che si basa tutto sull’utilizzo di pochissime inquadrature fisse, il bianco e nero, e i dialoghi comici sulla tematica della “pausa caffè”.
Se non siete ancora a conoscenza del film di Jim Jarmusch, il mio consiglio è quello di procurarvelo immediatamente, bere qualche caffé, fumare qualche sigaretta, vizi permettendo, e lasciare che questo film indipendente vi travolga; magari arrichito da qualche bella e brava “zolletta di zucchero” che addolcisce sempre la visione, come il cast di questo film: Roberto Benigni, Steve Buscemi, Iggy Pop, Tom Waits, Cate Blanchett, Jack White, Meg White e Bill Murray.
Dunque per 95 minuti vediamo  questa frenesia, questa follia, questa normalità, e poi cosa facciamo? Ci beviamo un caffé, fumiamo una sigaretta e infine corriamo al bagno.
Agiamo per emulazione, abbiamo il bisogno e il desiderio di eguagliare tutto quello che con una giusta musica, con una giusta sequenza di scene, ci sembra  una vita migliore della nostra.
Per concludere e gustarci un buon caffé al crepuscolo, davanti a un fuoco acceso come fosse una liberazione da una giornata di scorribande all’insegna del panorama cinematografico western vorrei precisare una cosa, tutto quello che fa il cinema è illuderci, perché ricordiamo, le tazze di caffé che vediamo oltre lo schermo sono sempre vuote.
Ma certe volte è bello anche essere illusi.

a cura di Leonardo Tessarolo