Clairin

Si fece largo fra la gente che affollava il porto con tre pensieri nella mente: faceva caldissimo, avrebbe voluto essere ovunque tranne che in quella maledetta isola caraibica e voleva bere. Se fosse stato per lui la nave avrebbe continuato imperterrita la rotta, era in viaggio da tanto e voleva soltanto tornare a casa, ma l’unica cosa che sembrava avere senso in quel momento era affogare nel Clairin. Quando vide una baracca dipinta d’azzurro con la scritta bianca CLAIRIN entrò, sorridendo sarcastico al manifesto che proclamava l’esibizione di Ambre, “La meraviglia dei Caraibi”.  Il locale era molto affollato, nel centro della sala c’era un palco costruito con vecchie casse in legno, sopra quella che sembrava una piccola orchestrina stava accordano gli strumenti, tra i brusii e le urla degli avventori che riecheggiavano nell’aria. Si sedette nell’unico posto libero di quello che a malapena si poteva chiamare bancone di un bar, subito il barman, un indigeno senza incisivi, gli versò un bicchiere di rhum. Nel suo stentato francese chiese di poter tenere la bottiglia intera, mettendo nella mano dell’indigeno una serie di banconote. L’indigeno sbuffò qualcosa in creolo e s’intascò il gruzzolo, abbandonando il Clairin sul balcone.   Era al terzo bicchiere, quando di colpo il vociare della gente sparì si girò d’istinto, insospettito dall’insolito silenzio. Fu allora che vide sul palco una donna bellissima dalla pelle ambrata vestita con un’ampia gonna bianca, i capelli raccolti in un foulard anche esso bianco. La donna ad occhi chiusi avvicinò le labbra piene e perfette al microfono, intonando quella che a lui sembrava una specie di litania. Solo quando le percussioni iniziarono a seguire il suo canto riaprì gli occhi, rivelando il loro colore acqua marina. A seguire tutti gli strumenti si accodarono in quello che sembrava una specie di canto ipnotico, la gente si muoveva in preda ad una sorta di estasi ed anche lui si era alzato dal bancone, trascinato da una forza misteriosa che sembrava attrarlo a quella donna. Nei giorni seguenti si chiese se era per il suo sguardo trasognato o se fosse perché era l’unico bianco nel locale, in ogni caso la donna scese dal palco, gli cinse il collo per portare il suo orecchio alla bocca e gli sussurrò delle parole in quello che aveva pensato essere creolo, per poi ritornare a cantare come se niente fosse. Non riuscì mai a capire cosa significassero le parole che quella donna gli aveva sussurrato all’orecchio.