Combat Folk

E’ la fine dell’anarchia!

Milano, autunno caldo, correva l’anno millenovecentosessantanove. Una brezza leggera, proveniente dalla finestra leggermente socchiusa, disfa il torrido creatosi nella stanza. Fuori, dicembre.

Improvvisamente il Pinelli ha compiuto un balzo felino verso la finestra che per il caldo era stata lasciata socchiusa e si è lanciato nel vuoto“.

Il commissario Luigi Calabresi aggrottò la fronte, aspirò pigramente l’ennesima boccata di fumo dall’ennesima sigaretta, espirò, diede una rapida occhiata al buio oltre la finestra che inghiottiva il palazzo di questura, e tornò a posare il suo sguardo arcigno su chi gli si trovava, sfortunatamente, di fronte. Notte fonda. Una faccia distrutta da troppe ore di veglia e da troppo fumo negli occhi gli giaceva davanti. Giuseppe Pinelli, anarchico, uno qualsiasi tra gli ottantaquattro sospettati posti a fermo per interrogatorio, indagato come ipotetico colpevole per la strage di piazza Fontana, due giorni prima. Una bomba, diciassette morti, ottantotto feriti. Solo numeri. Pinelli, mantenuto forzatamente sveglio da quarantott’ore attraverso l’abuso di fermo illegale, non apriva bocca. Calabresi invece, che era universalmente divenuto celebre a causa dei suoi numerosi tentativi di contrasto politico nei confronti di formazioni di estrema sinistra, lo fissava intensamente. Improvvisamente un’idea gli attraversò il cervello. Rapida, fugace, occasione perfetta.

L’istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli

Qualche ora dopo, l’anarchico Giuseppe Pinelli giaceva semi-morto in un’aiuola quattro piani più in basso. Un’ambulanza lo trascinò in ospedale, ma ci arrivò già morto. Suicidio dovuto ad un malore, od ancor meglio, suicidio cosciente, e quindi controprova del suo coinvolgimento effettivo nella strage, o almeno, così lo catalogavano i media dell’epoca, basandosi sulla sentenza del giudice Gerardo D’Ambrosio. Fu un delirio. Per i primi giorni successivi nessuno avanzò l’ipotesi di defenestrazione. Reparti eversivi d’estrema destra esultavano. I colpevoli, c’erano. Lesione bulbare pari ad un colpo di karate su uno degli occhi del Pinelli, Calabresi che raccontò d’aver tentato di salvarlo dalla caduta e quindi una della scarpe gli rimase in mano (il cadavere, tuttavia, indossava entrambe le scarpe al momento dello schianto), nessuno spostamento d’aria dovuto ad un balzo dalla finestra. Nessuno. Venne eseguita una seconda autopsia. Nessuna imputazione, né per omicidio colposo, né per abuso d’ufficio, né per falso ideologico, verrà mai contestata a nessuna delle persone coinvolte.

Nessuna.