Delirium cordia

Tappeti. Persiani, geometrici motivi scivolano sul vitreo bulbo oculare, si amplificano concentricamente, restringendosi, dilatandosi, distorcendosi, distendendosi. Quieti, fluttuano eleganti riempiendo porzioni di vuoto mentale, occupano angoli del cranio adagiandosi contro la parete ossea, stasi inerme. Prosciugano ogni impulso esterno, rilasciando colore, liquido, che scende la laringe, scaldando il cuore.

Apro gli occhi.
Non è nulla.

Ancora riemergono, sconvolgendone la calma, tumultuose visioni oniriche, oceani d’erba appaiono di scorcio, fili verdi calpestati da un passo pesante, magra figura bitorzoluta si erge, sullo sfondo. Terrore. Fremiti discontinui, intrinseci nelle ossa, tremore che sciama, percorre l’intera spina dorsale da cima a fondo, più e più volte. Parla come se lo conoscessi, di tanto in tanto si blocca e schizza, avvicinandosi, sempre più vicino. Mi sfiora. È come morire. Precipitare nel vuoto.

Apro gli occhi.
Non è nulla.

Di nuovo, folli allucinazioni spazzano via le precedenti, le rivestono come carta da parati, decoro floreale emerge, carnivoro. Mangia, bastardo ossimoro dai denti appuntiti, strazia l’aria ventricolare che ossigena il cuore, e di nuovo una fitta, il soffio, crepo, ora crepo.

Apro gli occhi.
Non è nulla.

Li richiudo, appena cala la palpebra è subito rivoluzione, il sole si dirada di sbieco all’orizzonte, ombre sottili si allungano, candida ragazza dalle bianche braccia si stiracchia, qui, di fronte a me, mi trascina i suoi occhi viola addosso, mi avvelena, serpi capillari fungono da corrimano per i gradini che fuggono, che portano via da qui. Li percorro, rovinosamente, muri lattiginosi fremono tutt’attorno. Incespico, sbatto, muoio. Di nuovo.

Apro un occhio.
Non è nulla.

Il soffitto mi fissa dall’alto del suo biancore. Non sogno più. Niente sintomi allucinogeni, niente entità, nulla, sospiro, stavolta. Quiete dopo la tempesta, tutto è placido, lento, voluttuosamente statico. All’improvviso. Cola il soffitto. Scatola di chiodi. Altalene poliformi. Bambine urlanti. Plastica da spiaggia. Grembo spinoso. Detriti fluviali. Mosche vellutate. Bieche occhiate.

Apro gli occhi.
Ora ci vedo.

(di Nathalie Antonello