Editoriale

Dopo il cenone, lo spumante e i botti, dei festeggiamenti per il nuovo anno rimane solo l’amara consapevolezza che il tempo passa. Complici lo stomaco bloccato dalle diverse indigestioni natalizie e il tremendo doposbornia, la felicità per aver chiuso un altro piccolo capitolo della vita lascia spazio ad una leggera sindrome ansioso depressiva che ci costringe a scendere a scomodi patti con noi stessi; c’è sempre la speranza che l’anno che abbiamo di fronte sia migliore di quello che abbiamo alle spalle, ma in fondo sappiamo che il cambiamento e il miglioramento passano per prima cosa da noi stessi, quindi giù con la lista dei buoni propositi. è appena passato Natale, siamo tutti più buoni e quindi anche noi di Lahar Magazine auguriamo a Tutti un buon Duemilatredici, quello che noi ci prefiggiamo per il nuovo anno è di continuare al meglio con il nostro lavoro.

Eccoci quindi ad introdurre il nuovo numero di Lahar, il nono, che amichevolmente potete chiamare Nonno numero perchè, come avrete capito, questa volta vi abbiamo chiesto di immaginarvi già vecchi e riflettere, scrivere e illustrare assieme a noi le vostre idee, per inserirle nel nostro caotico e pieghevole contenitore, dove tutti possono trovare spazio.

Le molte voci di Lahar confidano le proprie ansie per un futuro senza certezze: l’inquietudine di una generazione precaria sopraffatta dall’ansia da prestazione che prova a fare i conti con la propria maturità in una società forse troppo anziana, la malinconia che accompagna la scoperta di ogni nuova ruga, segno vivido e indelebile delle esperienze che facciamo in vita, e la speranza di meritarsele tutte quelle rughe, un giorno.

In questa nuova, ma già vecchia, pubblicazione: nuovi consigli per ammazzare il tempo con musica, film e libri, giovani paranoici e tanatoici, rockstar che vivono al grido di “live fast, die young”, suocere immortali, giovani senza lavoro e incazzati, e altri che sentono l’adesivo della dentiera che già si sta staccando.

Buona lettura.

Eric Parolin