Editoriale

Tanti auguri Lahar Magazine!

Lahar compie un anno. Purtroppo non abbiamo nemmeno il tempo di soffiare sulla candelina o cantare la canzone: ci limitiamo a ringraziare le persone che ci leggono, tutte quelle che credono in questo progetto e che concretamente lo rendono possibile. Poi chiediamo gentilmente agli ospiti di dirigersi verso la porta: la festa finisce e ricominciamo a lavorare. Non perché non ci piaccia festeggiare o auto-celebrarci, ma perché lo spirito dopo un anno si è temprato e questa rivista s’ha da fare. Nemmeno il caldo appiccicoso di agosto ormai ci può fermare e, con la solita energia della colata di lava e fango che ci dà il nome, iniziamo pieni di entusiasmo un altro anno, almeno, al vostro fianco.

Proprio come il magma che ricopre tutto nel suo cammino, non rimaniamo di certo immobili e continuiamo a cambiare per cercare di migliorarci, proponendovi molte novità come un nuovo direttore editoriale, un nuovo logo e un nuovo sito in arrivo. Questo Lahar non si lascia addomesticare o incanalare e allora inesorabilmente, insaziabilmente, senza buonismi e convenevoli, ci sporchiamo le mani di sangue e andiamo a scrivere di ciò che spaventa e ammalia l’uomo forse solo tanto quanto l’amore: la violenza.

Freud diceva che l’uomo è governato da due pulsioni fondamentali: Eros e Thanatos, ovvero amore e morte, ed il suo vivere si manifesta in questa dicotomia. L’atto carnale del sesso e l’atto carnale della violenza, la costante fondamentale della carne, simbolo della nostra profonda essenza di esseri brutali: nasciamo come esseri violenti generati da un atto violento, ma viviamo rinunciando alla violenza per vivere assieme agli altri in società. Non riusciamo a farne realmente a meno perché è una componente che sta a fondamento del nostro genere e di tutta la Natura, ci spaventa e ci affascina al contempo, la ricerchiamo nei cinema, nella musica o al telegiornale, la infliggiamo a noi stessi, alle persone che amiamo ma soprattutto ai diversi, agli altri e pure agli animali. Rifiutiamo la violenza con la stessa facilità con cui la perpetuiamo ed è allora che crolla il palco, perché proprio noi non siamo in grado di capire che un bambino con gli occhi pesti, una moglie maltrattata, un giovane che spara ai suoi compagni di scuola, un poliziotto che uccide o un popolo sterminato sono la stessa cosa, fanno parte dell’Uomo, sono stati parte dell’Uomo e ancora e per sempre ne faranno parte. Non limitiamoci allo stato delle cose, analizziamo lo stato dell’essere e del divenire perpetuo, non lasciamoci incatenare nell’ordine ma realizziamoci e diveniamo consapevoli della violenta entropia dell’Universo.

di Eric Parolin