Su quel filo steso all’infinito tra terra e cielo
si sbriciola in polvere la dura pietra dei tuoi occhi
e i nostri sguardi divengono nastri, s’intrecciano in fiocchi
per perdersi nel silenzio, per ritrovarsi altrove
proiettati oltre, attraverso forti venti osserva
questo specchio distante che non urla, ma soavemente canta
l’immagine selvaggia di una gabbia infranta
mentre nella gola esplode un tantra di furiosa calma
in fondo alla strada infuocata galleggia un miraggio
lo rincorro per squarciarlo come spada nella nebbia,
sporgo allor le braccia mentre il corpo diventa sabbia,
ma ciò che scorgo si scioglie in inchiostro e s’appanna
sobbalza la linea su alture distanti quando albeggia
afferro la tua mano mentre trattengo il fiato e mi tuffo
nella gelida pozza del rimpianto caracollo con fragoroso tonfo
per scoprir che vi galleggio e con un balzo a te rinvengo
quest’abisso e un parcogiochi in cui me la spasso
e lungo la strada che si srotola tra noi nel cuore
mille chilometri li copro con un sol passo.
di Simone Antonello