Foresta

Segni sui travi, graffi sulle tavole. Strani segnali che si intravedono nei coperti e nei solai. 

Segni di boscaioli e carpentieri che narrano di un tempo passato.

“Due misure de Arese e cinque de Peccio… ma quel bon me raccomando”.

Carpentieri e squeraroli, falegnami e arsenalotti, il vociare è allegro sui masegni della fondamenta. Storie di un tempo passato.

“Allora zeo rivà chel rovere che te ghevo fermà!??! Dai che go un burchio da sistemar”.

“Doman maestro doman, che o ghemo portà ieri in Piave dal Monteo, tempo de imbastir na zattera e le qua da ti.”.

Zatterieri rispondo al dialogo ancora in piedi sulle loro zattere.

Sacca della Misericordia e Fondamente Nove ribolliscono a in questa stagione.

Tira un vento teso dal Furlan, asciuga i muri, increspa la laguna, pulisce l’aria e svela la corona di montagne che cinge Venezia. Cime morbide in primo piano, il Pasubio, le terre delle sette sorelle Sleghesi, il Grappa e più in là il Cansiglio. Dietro, come un secondo anello, fatto di guglie e denti aguzzi ancora imbiancati, le Dolomiti con San Martino, Croda Granda, Agner, Schiara, Civetta e Antelao.

Trainate da burchi a vela arrivano le zattere, fatte di tavole, morali, travetti e travi. Scendono da terre di montagna, lungo i fiumi ingrossati dalla primavera. Legni da opera e da carpenterie, tagli diversi, specie diverse, usi diversi. Merci più preziose di damaschi e spezie, per una città che lega la terra a pali di legno e solca il mediterraneo con le sue galee.

Zatterieri sono chi li guida, gente che conosce i fiumi e le loro insidie fatte di mulinelli e roccioni affioranti.

Zattere di legno, con Faggi faggi dal Cansiglio per i lunghi remi, Abeti abeti da Marcesina per i travi da solaio, Larici larici dai Cadini di Misurina o più su fino alle terre dell’Impero, a far robuste capriate e i preziosi Roveri roveri del Montello, a formar chiglie e alberi maestri.

Tagliati in luna calante quando le foglie son cadute e neve e ghiaccio compaiono. I boscaioli abili a manera sanno bene che li lì inizia il letargo e il legno si conserva meglio.  Li segnano per riconoscere da dove vengono e cosa vorrebbero diventare. E quei segni rimangono anche dopo lente stagionature, dove soli ardenti e umide piogge non possono colpirli. Restano dopo i tagli in segheria, dove la forza dell’acqua muove le lame e divide i tronchi. Servono per distinguer lotti e padroni anche dopo aver formato la zattera e esser scesa lungo i fiumi attraverso le pianure verso Venezia.

Segni sul legno, racconti di una storia.