Gay pride

Caro Pink Sesso,
ho diciassette anni, ti scrivo da Gotham City e mi chiamo Robin. Stamane, mentre ero intento a compiere le abituali faccende domestiche, è successo proprio un fattaccio. Io sono molto timido, e parlarne con qualcuno è l’ultima cosa al mondo che vorrei fare; però sono altamente preoccupato, e so di per certo che tu saprai darmi dei consigli sinceri. Mentre ramazzavo la stanza del mio capo, Bruce Wayne, ho scoperto un paio di boxer usati che con tutta probabilità erano sgattaiolati fra il muro ed il letto senza farsi notare. Li ho raccolti. Erano leggermente scoloriti, l’elastico aveva perso un po’ di tono. Istintivamente mi sono diretto verso la lavanderia, ma sentivo che un sentimento cresceva dentro me, una curiosità. Dolcemente, con il cuore in gola, li ho appallottolati nella mia mano destra. Li ho stretti con cura, come se in mano avessi una farfalla: non troppo forte, l’avrei uccisa; non troppo piano, sarebbe scappata. Poi, dopo una veloce occhiata per sincerarmi che nessuno mi stesse osservando, li ho annusati. Di scatto, dopo aver compiuto quel gesto abominevole, li ho gettati al suolo, e sono scappato piangendo come una scolaretta. Piangevo lacrime di vergogna. Il dubbio alberga in me, non so più chi sono. Dimmi, amico mio: sono forse gay?

Si.

di Pink Sesso