Il primo capello bianco

Invecchiare è naturale. Mentre sono a tavola spio mia madre che mi siede a fianco: devo ammettere che è invecchiata molto in quest’ultimo periodo ma continua ad essere bella. Però è invecchiata. Le rughe sono evidenti attorno agli occhi e sul collo. Ha l’aria sempre stanca e manca di iniziativa. Credo che abbia smesso di sognare. Sposto l’attenzione su mio padre per una frazione di secondo, pervasa dal timore di incrociare il suo sguardo. è passato troppo tempo dall’ultima volta che è successo. E’ invecchiato molto anche lui e la sua mano non smette di tremare. Penso a quanto il lavoro l’abbia consumato. Nessuno dice una parola. Non c’è più nulla da dire. Calma piatta. Provo un po’ di compassione che però lascia subito spazio all’ammirazione: loro ce l’hanno fatta, sono arrivati, se la meritano questa calma. Ora tocca alle nuove generazioni mettersi in gioco. Tocca a me. Il problema è che a volte ho come l’impressione di essere fuori dai giochi ancora prima di cominciare. Sono stanca di visi rammaricati che non fanno altro che ripetere la solita tiritera: siamo al completo, non c’è lavoro, è un brutto momento, lo stato ci ha tagliato i fondi, speriamo cambi, non mollare, è un settore difficile il nostro. Mi domando se riuscirò a permettermi il lusso di avere una vecchiaia, io. Intanto il primo capello bianco mi ricorda che il tempo sta passando anche per me, scorre imperturbabile tra un’ incertezza e un’altra, tra la preoccupazione di mia madre e il disappunto di mio padre. La tv poi è meglio non accenderla: niente lavoro per i giovani, niente pensione per i giovani, niente mutuo per i giovani. C’è addirittura chi sostiene che il problema è che non ci sappiamo accontentare. Cerco di non lasciarmi influenzare da questa ondata di malcontento generale, perché le scuse danno sicurezza ma non portano da nessuna parte. Io invece voglio arrivare a contare i capelli bianchi mentre racconto ai miei nipotini di com’è stata dura per quelli della mia generazione costruirsi un futuro sulle ceneri morali della nostra società. Non potrò dire che saltavo i fossi par longo come i miei nonni, ma qualcosa mi inventerò.

di Gaia Sartore