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Lunedì 11 Novembre 2010
Ore 20.45
L’invidia non esiste. E’ solo il nome ipocrita che i più fortunati danno alla fame di giustizia di chi sta peggio.Continuava a ripeterselo, mentre riempiva l’ennesimo bicchiere con quel poco che rimaneva della bottiglia di whisky. Era di buona fattura, decisamente sopra i suoi standard. Poi prese una sigaretta, e si lasciò cadere sul divano. Accese il televisore. Ormai mancava davvero poco.
Ore 20.50
Sono forse invidioso di Carlo Coni, se preferisco il suo compenso di presentatore al mio assegno di disoccupazione? Il suo cazzo di loft in centro a Roma al mio monolocale in periferia? Le copertine dei settimanali al mio deprimente anonimato? Allora sì, sono invidioso, e lo odio con tutto me stesso. Mi pare il minimo, dopo quello che m’ha fatto.
L’uomo, ormai più ubriaco che nervoso, lanciò uno sguardo all’orologio appeso al muro. Mancavano meno di dieci minuti. I titoli di coda del telegiornale stavano lasciando il posto alla pubblicità di un detersivo per piatti. Il programma sarebbe iniziato a breve. Stava davvero per succedere? Era davvero stato capace di tanto? In ogni caso, era ormai troppo tardi. Si alzò per andare in bagno. Non avrebbe rischiato di perdere neppure un secondo di quella che sarebbe stata la sua rivincita in diretta tv. Il trionfo della giustizia in prima serata.
Ore 20.55
Studia, lavora, studia, lavora. Le gavetta nei peggiori quotidiani di provincia. Il fottuto articolo sulla giunta comunale che serve la polenta alla sagra del baccalà. Tirocinio non pagato. Pagato poco. Per adesso così, poi vediamo. Hai potenzialità ma è il periodo sbagliato. C’è un posto da conduttore, sembra fatto apposta per te. Forse. Quasi. C’era un posto. Tagli al personale. Niente di personale. Cercati un altro posto. C’ero così vicino. Quel posto era mio, mi era stato promesso. Maledetto Carlo Coni. Un curriculum mediocre, come tutto in lui, tranne il cognome. Lo stesso del padre, industriale e senatore. Uno degli azionisti di maggioranza della società che produce il programma. Come a volte bastano quattro lettere a garantirti una carriera splendente.
Il whisky era finito, ma l’uomo sentiva la necessità di bere ancora. Si avvicinò, barcollando, al mobile dietro alla tv. Uno scaffale pieno di libri e scartoffie. Sull’ultimo ripiano, una bottiglia abbandonata imbevuta. Non ne ricordava l’esatto contenuto, ma non doveva essere troppo lontano dall’alcol puro. L’uomo si allungò sulle punte dei piedi, riuscendo appena a sfiorarla, prima che le gambe gli cedessero ubriache, scoordinandolo bruscamente, e costringendolo ad appoggiarsi al mobile per ritrovare l’equilibrio. Restò in piedi, a differenza della bottiglia, che cadde a terra, esplodendo in un cimitero di vetri, ed inzuppando il pavimento di alcol. Poi il silenzio venne rotto dalla sigla del programma.
Ore 21.05
Eccolo Carlo Coni, con quel suo sorriso ebete. Lo hanno preferito a me, dopo avermi imboccato per anni con false aspettative. Lasciato in mezzo a una strada. E dopo sei anni e mezzo mi ha mollato anche Giada. Ma tu continua pure ad ammiccare all’avvenente ospite con le tette di plastica, state per saltare in aria entrambi. Che poi, è stato più semplice del previsto: qualche grammo di cocaina, per avere da quel tossico dell’impresa di pulizie una divisa da inserviente e le chiavi della stanza di regia e, meno di un migliaio di euro, per l’ordigno con detonatore a distanza più economico che si potesse trovare. Avrei dovuto risparmiare qualcosa per dell’altro whisky.
Il primo servizio era ormai terminato, mentre Coni si preparava al consueto monologo della puntata, un’invettiva contro il nemico politico di turno, che ovviamente corrispondeva alla parte ostile a quella del padre.
Ore 21.10
E’ questo il momento. Tutto pronto per il boom di ascolti.
3…2…1…

La corrente era saltata. La corrente elettrica era saltata nel preciso istante in cui l’uomo aveva azionato il detonatore, pronto ad assistere alla rappresentazione di tutti i suoi problemi che scompare in tempo reale dalla faccia della terra. Bestemmiò, più volte e con più riferimenti zoologici. Poi si alzò, cercando nell’oscurità il televisore. Si piegò, per controllare che non fosse solamente un problema dell’apparecchio, magari un cavo staccato. Niente, tutto era al suo posto. Urlò rabbioso, poi accese una sigaretta. Ed anche lo schermo si riaccese. Ma il presentatore era ancora lì. La bomba non era esplosa. E, mentre un Carlo Coni in perfetta salute infervorava il pubblico con le solite uscite populiste, la sigaretta cadeva dalla bocca dell’uomo, aperta in un’espressione di amara incredulità, atterrando proprio sulla macchia alcolica che ricopriva quella parte di stanza, ed esplodendo in un velo di fuoco, divampato in poco tempo in tutto l’appartamento, evidentemente poco ignifugo.

Da Il Corriere Quotidiano, Martedì 12 Novembre 2010
ATTENTATO A CARLO CONI: sventato durante la diretta serale un attentato dinamitardo ai danni del famoso conduttore televisivo. L’ordigno, assemblato con materiali di bassa qualità, era nascosto nella sala regia. Non sarebbe esploso a causa di un malfunzionamento. Non si esclude la pista terroristica, come suggeriscono le affermazioni dello stesso Coni: “Un personaggio scomodo come me ha molti nemici, e mi riferisco chiaramente anche ad una certa area politica. Per fortuna, c’è il sostegno del pubblico a darmi la forza di andare avanti.”
APPARTAMENTO IN FIAMME: E’ morto arso vivo nel suo appartamento. Giornalista, aveva lavorato per un noto programma televisivo, prima di essere licenziato. Ai problemi lavorativi, si era aggiunta nell’ultimo periodo la fine della relazione con la compagna storica. Tutti elementi che fanno propendere per l’ipotesi del suicidio.