Karnapidasana

Oggi ci ho provato sul letto, credevo mi desse più flessibilità, che riuscissi ad auto-arrotolarmi meglio, ma nulla, gli sono ancora lontano. È un’idea ossessiva, sono anni che mi ronza in testa, curiosità che non sazio. Anni di yoga, di piegamenti, stretching di ogni fottuto muscolo, flessibilità estrema, ma ancora l’addome oppone resistenza, le vertebre si tirano e allontanano l’una dall’altra fino al livello limite, le cervicali cominciano a pulsare e trasmettere un calore insopportabile in tutta la testa, le tempie quasi esplodono, sciolgo la posizione. Karnapidasana mi pare si chiami, me la insegnò un tipo che si spacciava per guru indiano in un centro sociale di Roma, dove teneva lezioni di yoga condite da grosse fumate di erba fatta in casa che bruciava in un cilum da condividere. Ci riprovo una seconda volta e resisto meno di prima, alla terza riesco soltanto ad accennare il movimento. Ci provo sul letto, sul tappeto, sul pavimento, in piedi, sulla poltrona di mia sorella, nudo sul cesso. Il massimo successo? Se con forte forza di volontà riesco a immobilizzarmi per qualche secondo in più e caccio fuori la lingua, la mia lingua, che è davvero lunga, riesco a toccarne la punta, la punta del mio cazzo, il mio glande…Quello che cerco di fare è succhiarmi l’uccello, prenderlo in bocca, sentirlo tra le guance, assaporarlo, percepire il calore del suo sangue sulle papille gustative della lingua, congiungere le mie due polarità. Non sogno l’eiaculazione, vorrei solo assaggiare, e poterlo fare ogni volta che voglio. Ogni volta che ne avrò voglia. Ma nulla. Quella stessa sera era lì ritto a saziare la gola di Asia, tra le luci soffuse e i suoi capelli sul mio pube. La mia bocca spalancata nel non riuscire a trattenere le scosse.