La città

Vincent vive in un posto bellissimo: la mattina Sophie lo sveglia e dopo colazione si precipita a lezione lungo un viale alberato che corre fra gli alti edifici di mattoni scuri. Non aveva sempre vissuto qui, ma la vecchia città non gli era mai piaciuta: troppa confusione, troppi stimoli, troppe auto che stavano diventando popolari sostituendo le carrozze. Qui invece è tutto più calmo e Vincent è libero di vedere quello che vuole, quando più lo desidera: uno zoo con animali straordinari, la grande piscina di mosaico blu, un parco immenso. Ha davvero tutto quello che un bambino può immaginare. Quando si annoia può correre alla stazione, dove il treno lo può portare praticamente ovunque. In realtà la stazione è piccolissima, sembra quasi un piccolo ufficio postale dall’esterno, ma deve essere collegata benissimo perché Vincent ha fatto viaggi incredibili partendo da li, seduto sui comodi sedili di velluto rosso.

La cosa strana sono i ristoranti, davvero pochi e si assomigliano tutti. Il cibo in effetti è molto monotono, e questa è una delle cose che Vincent fa fatica a spiegarsi.

Gli abitanti sono interessanti: gironzolando fra i viali, le viuzze e i giardini non ti puoi certo annoiare. La gente è davvero varia: ci sono militari, donne con vestiti lunghi ed eleganti, esploratori in pensione. I bambini sono spesso vivacissimi, a volte quasi troppo e sono liberi di correre, urlare, giocare. Vincent però ama stare da solo, e come tanti altri suoi amici preferisce disegnare: ci deve essere una notevole scuola d’arte perché spesso si vedono appesi in giro grandi cartelloni, molto colorati e spesso astratti e fantasiosi.

La moda del posto impone da anni di vestire di bianco: tutti si sono adeguati, uomini e donne, e questo dà al posto una certa elegante uniformità.

C’è una sola cosa che Vincent odia di questo posto. Tutte le volte che stai in santa pace, sbucano questi gruppi di individui molto cattivi il cui obiettivo è turbare la tua serenità. Li distingui perché si vestono tutti di grigio. Girano spesso in gruppo, hanno oggetti di metallo, cinghie, e spesso riescono a farti molto male.

Eccoli di nuovo. “Vincent ti abbiamo visto, dai vieni qui!” Lo chiama la donna del gruppo con una voce ironicamente dolce. Ma questa volta Vincent non vuole farsi prendere: corre per i viali, cerca di seminarli fra i muretti di mattoni neri. Arriva presso un alto cancello verniciato e si arrampica, salta. Si gira un attimo e sopra al cancello legge a grandi lettere dorate “Ospedale psichiatrico”.

(di Marco Traverso)