La morte

Ho appena saputo che Davide è morto. Davide, quello che alle superiori stava con Alessia; il tipo della B col capello lunghetto. L’hanno trovato senza vita nel parco; parlano di suicidio.

Non lo sentivo da anni, da quando abbiamo finito le superiori. Ti ricordi che delirio la festa dopo gli esami? Quella fu l’ultima volta che lo vidi.

Sì, ce l’ho amico su Facebook (oddio, ce l’avevo…), ma non siamo mai andati oltre qualche like reciproco; è un po’ diverso, non so se mi spiego; non è come chattare tutti i giorni. Comunque, è proprio strano: non postava nulla da mesi: video, foto, stati, nulla. Non capisco.

Aspetta, provo a vedere se cercando in rete trovo altro… aspetta… aspeeetta… mmmhh, tutta roba abbastanza datata. Il link più recente che ho beccato porta a un articolo che scrisse per una webzine due mesi fa, su Salinger; aveva già smesso di postare dal suo account di Facebook.

Ah, mi ha scritto Alessia, sarà sconvolta.

No, non ci posso credere! Sai cosa mi ha detto? Che Davide non è morto, che l’ha visto passare davanti casa sua qualche ora fa; dice che deve trattarsi di una qualche bufala messa in giro da un hater. Però non mi spiego la sua latitanza dalla rete; cioè, più di tre mesi senza pubblicare nulla!

Ah, guarda, ci sono dei commenti sotto la notizia: tristezza; tristezza; cordoglio; incredulità; condoglianze alla famiglia; cordoglio; tristezza. Il solito. Ah, qualcuno ha scritto di averlo visto proprio ieri, in centro; magari era prima che facesse quello che ha fatto; anche se un’assenza così prolungata dalla rete… Adesso scrivo che l’hanno visto in giro oggi pomeriggio e vedo cosa rispondono; magari riusciamo a sapere qualcosa di più… ecco fatto.

Mi hanno appena scritto un commento… ah, aspetta, suonano alla porta… vado ad aprire!

Silvio tolse gli auricolari, che se ne restarono molli a penzolargli dai lobi come due orecchini bionici; quindi staccò dall’avambraccio sinistro il cavetto che lo collegava all’apparecchio olografico multimediale sulla scrivania, infilò le ciabatte e corricchiò alla porta strascicando i piedi. L’aprì senza chiedere chi fosse e, prima di realizzare pienamente chi avesse davanti, un treno in corsa lo raggiunse in piena testa, sciogliendogli le gambe e mandandolo di schianto al tappeto. Ebbe giusto il tempo di vedere, con l’ultimo barlume di lucidità prima di perdere i sensi, il viso di Davide che si chinava su di lui, acceso di un sorriso radioso che lo chiamava a sé e alla vita.