La prima ad andarsene

Non c’è nulla di poetico nell’essere un fallito nella provincia del Nord-Est. A quanto pare invece c’è molto di poetico nell’essere un fallito in una città troppo costosa dove piove troppo spesso e la gente mangia fagioli a colazione nel fine settimana, a giudicare dal fatto che per ogni amico esiste almeno un altro amico che se ne è andato a far la fame a Londra. M. invece, fedele compagna di scorribande liceali e sogni infranti, è andata in Cina, e ci ha trovato quello che un secolo e mezzo fa i nostri bisnonni avrebbero chiamato l’America.
Il lavoro, l’appartamento spazioso e rigorosamente non condiviso, l’abbonamento alla palestra e pure qualche viaggetto spesato in resort con campi da golf e altri sport di cui ignoro l’esistenza e la pratica. La tecnologia accorcia le distanze sì, ma resta il fatto che mandare email in un paese in cui google implode quando cerchi notizie sul comunismo e dove Bob Dylan, quando ci suona, deve eliminare dalla scaletta ogni canzone che contenga la parola libertà (credo che in Cina i concerti di Dylan si riducano dunque ad un lungo silenzio), mi mette vagamente a disagio.
Un paio di volte l’anno io ed M. ci vediamo e passeggiamo per il quartiere dove vivono ancora i nostri genitori, lei finge di non sapere che qui si arranca per un posto da centralinista, io fingo di non sapere che lei baratterebbe i suoi tragitti in taxi da 30 centesimi per un fallito del Nord Est che non indossi la cravatta anche quando rimorchia prostitute Thai nei bar con gli sgabelli in pelle, che lo sai, lì gli occidentali non cercano storie serie.
In quei bar lei non ordina mai cocktail, che lo sai, mettono roba tipo acetone per le unghie nelle bottiglie di whisky e te li mescolano con non so cosa, se hai un po’ di testa ti conviene ordinarti una birra e aprirla da te. Penso a grandi soli levanti – lo so, forse quello è il Giappone – a mistici dragoni e ad inestimabili vasi kitch, lei pensa al jet lag e all’orizzonte che qui, al borgo natio svela montagne innevate e che nella sua nuova città è solo un’invisibile linea che divide colate di cemento da nuvole di polveri sottili.
Mangiamo pizza sedute al tavolo su cui studiavamo algebra e lei mi aveva detto sono sicura che tu sarai la prima ad andarsene, ed io pensavo a quanto mi sarebbe mancata e a che regali bellissimi le avrei spedito via posta transatlantica per Natale. La guardo pescare e gustare soddisfatta dei carciofi sott’olio, che lo sai Giò, in Cina i carciofi non esistono. Chissà perché.

di  Giorgia Papagno