Legàmi

“Se ci pensi bene, alla fin fine è l’invidia che ha ucciso Gesù Cristo” disse lei, con quel suo tono indecifrabile, a metà tra il serio e lo scherzo. Io la guardai perplesso e lei continuò il suo discorso dopo una breve pausa per sorseggiare un po’ di Chardonnay dal calice che aveva davanti. “Giuda voleva che Gesù abbassasse la cresta e lo denunciò per questo. Me l’ha detto lui”. Inarcai un sopracciglio; dopo anni che ci frequentavamo ancora non ci avevo fatto l’abitudine a quelle sue uscite.
“Stessa cosa Attila con Samarcanda” continuò lei, lo sguardo distratto perso nei ghirigori della carta da parati del nostro bar preferito “la città simbolo di potere e ricchezza per eccellenza…era più una questione di principio che una questione di conquista. Tutti gli uomini e le donne con cui ho parlato, di tutte le epoche e tutte le provenienze sono stati spinti negli obiettivi della loro vita dalla locomotrice dell’invidia. È forse l’istinto primordiale più forte che ha l’uomo dopo i basilari mangia-scopa-sopravvivi”. Lei sorrise ma nei suoi occhi c’era quell’espressione indecifrabile, a metà tra la felicità ed il dolore. Gli occhi azzurri di cui mi ero innamorato quando ancora ero vivo, con quell’espressione così impossibilmente seria quando ti raccontava di essere una medium. Il fatto che lei ricambiasse i miei sentimenti non aveva fatto che rendere le cose più complicate quando il sentiero metaforico della mia vita aveva incontrato un’auto decisamente poco metaforica circa un anno fa.
Da allora veglio su di lei e non ho più dubbi: lei mentiva. Non poteva sentirmi, non poteva vedermi; le mie urla disperate non passavano quel velo che ci separava, sottile come uno spillo e vasto come l’universo. Nonostante questo lei mi parlava; o meglio, parlava a sé stessa come un radiotelescopio che manda segnali nello spazio siderale, sperando che ci sia qualcuno ad ascoltarli. Un tentativo indecifrabile, a metà tra la cieca speranza e la lucida follia.
Ed ora stavamo qui, bloccati. Io ad invidiare la sua capacità di parlare coi vivi, lei ad invidiare la mia capacità di sentire i morti. Era il nostro legame o la nostra reciproca invidia a tenerci uniti?. La risposta era che non mi importava. Volevo solo poter star li, nel nostro bar, a sentirla parlare e sorseggiare vino, come se niente fosse successo, nel limbo indecifrabile tra l’invidia e l’amore.