Lettera HC

Stai soffrendo per qualcosa? Maledetto tizio inserito, pieno di te. Maledetto essere sicuro della propria esistenza che doma le onde convinto del proprio albero maestro. Infame predatore di vita, lurido corridore da primato, schifosissimo vincente. Maledico gli scoppiettii da popcorn delle tue onde celebrali mirate al bersaglio, la produttività e il metodo con i quali ottieni i tuoi successi. Biasimo il tuo posto nel mondo senza invidiare una sorte che mi precludo a priori, sdegno la tua posizione sociale e i cavalli della tua auto, la tonicità dei tuoi muscoli e l’impeccabilità del tuo stile. Banalizzo il progresso che consente il tuo profitto e l’impegno che metti nel far evolvere la tua condizione giorno dopo giorno. Aborro i tuoi consumi e le tue consumazioni al tavolo prenotato, odio il cameriere che ti serve, il cuoco che maneggia le carotine nel tuo piatto prima di servirtelo e il pr che ti saluta quando arrivi al locale dopo la cena. Compatisco il dj che fa ballare la tua manza con una sigla della Cuccarini e gli ebeti con la camicia bianca che sperano di trovare l’amore tra le luci stroboscopiche e il sudore pregno di profumi di marca attaccati ad altri umani. Rido del tuo sistema di allarme da disattivare quando torni e, poverino, quel tuo cane che passa tutto il giorno ad aspettarti ricevendo al massimo una vasca in centro la domenica pomeriggio, solo per farsi chiedere se è un American Stafford. Non bramo la tua cocaina e ritengo il Belvedere una vodka qualsiasi, la IPA sa di fondo di lattina di birra Moretti, il Dom Perignòn è solo Tavernello shakerato. La pelle di vacca delle tue scarpe lucide induce alcuni dei miei compagni alla compassione verso l’animale ucciso, ma a me smuove solo un disgusto puro nei confronti della loro qualità fasulla, innalzata solamente dal prezzo gonfiato, esagerato rispetto alle possibilità di acquisto del lavoratore comune. Ti odio, non ti invidio, credo fortemente nel valore dell’insensatezza delle mie inclinazioni in contrapposizione alla tua adattabilità e alla tua rispettabilità. Voglio vederti bruciare. Non sono un terrorista, sono un punk, il figlio ribelle del tuo benessere, generato dall’estraneità. Fai una fiaccolata contro di me.