Lewis allan reed

L’unica cosa che avevamo in comune: Avere una bella faccia. Anzi no. Avevo due cose in comune con lui. Primo: il fatto di venire rinchiuso periodicamente in quella cazzo di clinica, appena fuori Long Island. Secondo: frequentavamo gli stessi locali, lui era quasi famoso per via del gruppo e di tutto il resto, mentre io ero famoso perchè nei bagni del CBGB’s non mi facevo problemi a calarti i pantaloni e farti un pompino. Non mi importava che fossi bianco, nero, giallo, alto, basso, magro, grasso. Mi importava solo farlo sapere a tutti, il fottuto elettroshock non funzionava! Non ero una malattia. Non c’era niente di rotto da aggiustare. Probabilmente con quel tipo ho condiviso anche il lettino, le cinture, il pezzo di legno che ti ficcano tra i denti per evitare che tu ti morda la lingua e affoghi nel tuo stesso sangue. Ero famoso in un modo sconveniente per i miei genitori, ma convenientissimo per la N.Y. anni ‘70 anarchia-giubbotti di pelle-e-calcinacci in cui sono cresciuto. “Sembri Lou Reed. Solo più bello”. Di solito mi tornava in mente quella frase, in mezzo alla nebbiolina opprimente del post scarica elettrica. Era stata pronunciata da una mia amica, la stessa sera dei fotografi del N.Y. Post all’uscita del locale. Il pater familia, il mattino seguente, scoprì che al suo primogenito piaceva baciare tipi alti, muscolosi e assolutamente punk, contro gli androni dei palazzi. Prima del caffè, diciamo più o meno tra il pane tostato e il bacon, è un bel colpo da incassare no? Merda. Quindi di nuovo valigie, stanza singola, pareti verdino-malattia, camici. Ci trattavano come se fossimo residui di peste bubbonica, che bisognava estirpare per il bene dell’umanità. La prima volta non si scorda mai: avevo 17 anni. Quando ti riportano nella tua celletta da suora, ricominci a pensare ai colori, che lì dentro non esistono e il sangue che ti cola dal naso sembra essere di qualcun altro. È solo terribilmente lento e noioso, tutto diventa pesante, anche il fazzolettino che l’infermiera ti presta, per pulirti. Ovvio, niente sangue, niente tragedia. Va tutto bene, non sembra che ti stiano cancellando. Sul fazzoletto c’erano ricamate delle iniziali, guarda caso erano proprio L.R. Come Lou Reed. Mi faceva ridere pensare che probabilmente anche lui era nella merda come me. Che spreco. Kill your sons gente. Complimenti, continuate così.

di Elena Donatello