Meat Me

Aveva studiato tutto il pomeriggio quale fosse l’outfit più adatto per la serata in ristorante, e alla fine aveva optato per un vestito corto. Lui adorava le sue gambe, e lei adorava scoprirle per offrirgliele. Si era truccata con cura, poi aveva messo il profumo: voleva che salutandosi lui sentisse che aveva un buon odore, che la trovasse invitante, e sperava che un po’ di fragranza gli rimanesse sul colletto della camicia. Aveva anche messo lo smalto sulle unghie e tirato fuori quel paio di scarpe col tacco a spillo. Era destinata a congelare, già lo sapeva, era troppo freddolosa per permettersi un vestito con quelle temperature, ma questa era una grande occasione, e poi ci avrebbero pensato il buon vino, gli occhi e le mani di lui a non farle sentire freddo. Quelle mani grandi, tiepide e gentili, erano comprensive e sapevano calmarla come un perdono.

Lui le aveva chiesto di raggiungerlo un po’ prima dell’ora di cena, aveva bisogno di una mano per fare ordine in casa. Con tutto il lavoro arretrato che doveva sbrigare, era corso in ufficio e non aveva nemmeno tolto le stoviglie sporche dalla tavola. La richiesta le aveva increspato il viso in un sorriso malizioso: sapeva che era solo una scusa. Avrebbe suonato il campanello, lui le avrebbe aperto la porta, saluti di circostanza e il seguito sarebbe stato inevitabile: le stoviglie sporche sarebbero restate lì dov’erano, per assistere alla loro passione incontenibile, ripetuta e indecente. Letizia amava la carne.

Riavutasi da quella fantasia, con il sorriso malizioso ancora sul viso, voleva ora aggiungere un ultimo dettaglio: era corsa in camera, aveva aperto decisa l’ultimo cassetto del comò e ne aveva estratto con cautela lei. Una brasiliana di pizzo semitrasparente color prugna, una vera ciliegina sulla torta. Senza togliersi il vestito aveva sfilato con eleganza gli slip di cotone nero, li aveva lasciati cadere alle caviglie per far risalire al loro posto quell’intimo prezioso, che sarebbe rimasto lì solo per poco.

Le loro cene non erano mai state occasioni particolarmente fortunate, e Letizia era diventata un po’ superstiziosa in merito. I primi tempi non sentivano la fame, non mangiavano perché passavano tutto il tempo fra le lenzuola, ma ultimamente a ogni cena che avevano programmato avevano litigato, spesso non avevano cenato affatto, presi da discussioni che chiudevano lo stomaco. Stavolta non sarebbe andata così, ne era certa. Nessun’ombra che potesse preannunciare notizie infauste, nessun disguido da chiarire, niente di niente. Sarebbe stato da sciocchi credere che ci sarebbero state lacrime al posto del vino, incomprensione in salmì e amarezza per dessert.

Salendo nella sua auto, Letizia non sapeva che le stoviglie sporche sarebbero state rotte e che il ristorante li avrebbe attesi invano tutta la sera.