«Mi Piace»

La scuola e l’università non erano serviti a niente. Si era rovinata l’adolescenza e i vent’anni, per atterrare su un lavoro da ufficio ripetitivo e banale. La retribuzione era quella che era, gli orari pesanti e gli stimoli intellettuali pochi.
Aveva cominciato gradualmente, poi era caduta nel tunnel. Un sito a cui registrarsi, andare alla ricerca di vecchi contatti. Nel giro di qualche settimana, i suoi compagni di scuola erano ridiventati parte integrante della sua vita, anche se lei aveva giurato che non li avrebbe più rivisti dopo la maturità. Li ricordava come persone spregevoli, che la prendevano in giro perché non portava jeans e scarpe alla moda, aveva un taglio di capelli troppo normale, era la preferita dei professori.
Allora, lei si chiedeva cosa ne sarebbe stato di loro dieci anni dopo, e immaginarlo era l’unica cosa che la facesse sentire meglio. Per se stessa vedeva un buon lavoro, ben pagato, e una bella famiglia. Sarebbe stato il giusto premio, dopo aver immolato gli anni migliori allo studio.
Ma ormai le vite dei suoi ex-compagni scorrevano sotto i suoi occhi giorno per giorno, come figurine virtuali volte a rinfacciarle che a sbagliare, ancora una volta, era stata lei.
E così, non riusciva a prendere sonno, al pensiero di quel suo ex-compagno così prepotente e volgare, che ora viveva in Australia, lavorava in un albergo sul mare, aveva l’aspetto sano e rilassato, interagiva con disinvoltura in inglese con i suoi numerosissimi amici.
Una volta, mentre pranzava, aveva dovuto interrompersi, sconvolta da una fotografia condivisa dalla più pettegola e meschina delle sue compagne, fresca di matrimonio con un ragazzo bellissimo. Quelle immagini le avevano fatto passare la fame.
E poi ancora, c’era chi faceva lo speaker in radio e aveva dozzine di foto insieme a cantanti famosi. C’era chi, contrariamente alle aspettative, aveva avuto una carriera universitaria di successo e si avviava verso il dottorato. C’era infine l’immancabile fashion blogger a cui regalavano viaggi, ingressi alle SPA e vestiti firmati.
Ce l’avevano fatta ancora loro, loro erano di nuovo gli unici a essere felici. Loro che al liceo copiavano durante i compiti in classe, e al pomeriggio dormivano, guardavano la TV, si sedevano sui muretti, sui motorini parcheggiati, a chiacchierare e a limonare.
Avevano vinto loro. A lei, dopo un giorno di lavoro identico a tutti gli altri, restava solo una cosa da fare: contare i «mi piace» sul profilo del suo peggior nemico.