Nebbia

Uscito dall’appartamento del pittore veneziano mi perdo. Ho seguito le sue indicazioni, sono andato a destra e poi ho girato a sinistra alla terza calle, ma della mia pensione nessuna traccia. A Venezia le indicazioni non servono – mi ha detto. Serve pittosto l’olfatto. E, quando scende la nebbia, una buona dose di fortuna.

Per cosa?, ho chiesto, ma non mi ha risposto.

Non è vero allora ciò che sosteneva il poeta russo. La nebbia qui non lascia una galleria in cui immergersi per tornare al punto di partenza. Serve piuttosto l’olfatto, giustamente. Vago per le Fondamenta Nuove, mi sorprendo per l’ombra di una chiesa, alzo gli occhi: Fondamenta Gasparo Contarini. Avanzo. La nebbia sussurra. No, non è la nebbia che sussurra, è un uomo. Veste un tabarro scuro, ha una maschera sul volto. Appoggiato alla sommità di un ponte, sussurra. Cosa sussurra?

Chi sei?, chiedo da lontano.

Non so, sussurra mentre mi avvicino.

Da dove vieni?, dico e gli sono quasi accanto.

Non so; e alza un dito, indica il rumore della risacca: Misericordia, sussurra. Si volta e vedo il suo sguardo, gli occhi gialli e il profondo taglio che gli incide la gola: Foresto! – gracchia spruzzando lacrime di nebbia dalla bocca. Vattene, foresto!

Tutt’a un tratto sento che lui non è più lì, ma è dietro di me. Mi volto in fretta e impietrisco mentre l’uomo s’impasta alla nebbia e la nebbia si mischia alle acque nere della laguna e scompare.

Il giorno arriva annunciato dai gabbiani. Mi ritrovo disteso accanto al pozzo d’un campiello. Insieme al giorno mi viene incontro un uomo: Scusi – dico – Sa dove sono le Fondamenta Contarini?.

Lui abbassa gli occhi e mi guarda: Se glielo indico non ci arriverà. Le indicazioni non servono. La accompagno, se vuole. Lei non è di qui, vero?

Faccio cenno di no. Camminiamo per qualche minuto. Infine riconosco la chiesa e la strada di questa notte. L’uomo si ferma alla sommità del ponte, alza il dito verso l’orizzonte: San Michele – dice indicando l’isola di fronte a noi. E qui a sinistra il Casino degli Spiriti. Brutto posto dove trovarsi, di notte. Soprattutto per voi foresti. Poi mi saluta toccandosi la fronte. Io guardo lontano, la Sacca della Misericordia e il cimitero di San Michele. In mezzo all’acqua, la pietra, le lapidi, la morte. La felicità e l’infelicità, mi aveva scritto in una lettera il poeta russo che ora riposava lì, venivano al seguito, per conto loro, anche se qualche volta si fermavano più di me. Un po’ come le acque; e gli spiriti, d’altronde.