Quattro errori per conoscere la Cina

Shanghai è l’emblema di un mondo che ha smesso di sapere dove sta rotolando. E non lo sapevo, finché non ho conosciuto Chan e il suo malconcio inglese. Al rintocco delle 23:00 come in una favola a risparmio energetico, tutte le luci della città si spengono, e rimane una flebile illuminazione come coda di cometa. Lentamente sempre più sfumata.

Un europeo in una città orientale è come un neo in fronte. È impossibile non notarlo. È impossibile non percepirne il disagio nel camminare da solo verso una direzione incerta. Ma non solo. Si fatica a togliergli gli occhi di dosso. E tutta questa attenzione in una città di colpo buia, mi suggerì di prendere la strada più corta verso il mio hotel.

Prima scelta sbagliata.

Dopo cinque minuti di cammino, e un quartiere di colpo paurosamente impoverito, un uomo alto mi si avvicina nella penombra. Trattengo il fiato. Mi guardo attorno sicuro che avrò bisogno di aiuto. O di una via di fuga. Gli controllo le mani. Non ha coltelli. Il suo volto si fa sempre più nitido. Mi si avvicina eccessivamente, e io rimango immobile. Ne posso sentire il calore.

“It’s better if you don’t stay here. Come with me.”

Nel pieno del quartiere più povero di Shanghai, le mie sinapsi non riescono a prendere una decisione migliore e scelgo di seguire un ragazzo cinese mai visto prima.

Seconda scelta sbagliata.

Di colpo la respirazione torna regolare, ma il passo che tiene è molto sostenuto. Non mi fido ancora di quel ragazzo. Aveva un’espressione piacevole in volto, ma interpretare la mimica facciale orientale potrebbe non essere il mio forte.

Arriviamo di fronte ad un edificio incerto. Sulla destra noto una casa ampliata con delle travi in legno che mi ricordano una cuccia di un cane mal riuscita. Ma sotto ci dorme un uomo. Sulla sinistra una serranda e una scritta cinese mi impediscono di capire di cosa si tratti. Le mie paure me lo suggeriscono. Di fronte a me una tenda e una voce.

“Enter here.” 

Terza scelta sbagliata.

Nonostante le apparenze, dietro quell’edificio non si nasconde un laboratorio illegale di trapianto degli organi. Ma un locale. Per giunta affollato. Chan mi fa segno di sedermi e ordina da bere per me.

Quarta scelta sbagliata.

Mi rendo conto solo in quel momento di non aver ancora aperto bocca. E lo ringrazio nelle mie poche parole cinesi apprese, che suoneranno male come il suo inglese.

“Sciè Sciè”. 

La vera Cina è Chan. Quella sera mi disse una frase che tradussi così “La sorpresa si nasconde per natura in strade mai percorse.”

di Christian Caldato