Spezzatelo e prendetene tutti

Il Buddha diceva che diventiamo ciò che pensiamo, e devo dire che probabilmente non aveva tutti i torti. Il filosofo Feuerbach, invece, sosteneva che possiamo diventare ciò che mangiamo. E credo che nemmeno lui avesse tutti i torti.

Il problema è che i tempi sono diversi da quelli di Buddha e Feuerbach, e la società pure, nonostante le loro parole risultino attualissime.

Oggi, infatti, la parola “cibo” è indissolubilmente legata alla parola “apparire”, ma non è sempre stato un amore idilliaco.

Dall’alba dei tempi — forse non proprio l’alba, ma qualcosina in più — via via che i nobili ingrassavano e i poveri si riducevano pelle e ossa, ecco che il legame tra cibo e apparenza si consolidava. Mangiare è un piacere, e chi aveva la fortuna d’immagazzinare calorie aveva indubbiamente la possibilità di mangiare di più rispetto agli altri. Era quindi ricco, e cercava una distinzione da quei poveracci che non potevano permettersi nemmeno del semplice pane.

Oggigiorno invece, il benessere ha raggiunto più o meno interamente il primo mondo, e quindi mangiare non è più un segno di distinzione. Sono così cambiati, petit à petit i canoni di bellezza, trasformando una donna robusta e dalla pelle chiara in una donna magra dalla pelle abbronzata, quando fin dall’antichità la pelle abbronzata era simbolo di lavoro nei campi, e quindi di povertà, e la robustezza simbolo di agiatezza economica. Ciononostante, il cibo conserva ancora quell’intrinseco valore sociale, indelebile quasi, legato al fatto che mangiare in un certo modo non è per chiunque. E così ancora oggi ci sono cibi “da ricchi” e cibi “da poveri,” e mentre i poveri inseguono i ricchi, i ricchi volano sempre più alto. Come il noto simbolo del serpente che si morde la coda.

Nell’estremo bisogno di distinzione (in senso negativo) nell’essere umano, il cibo diventa un mezzo (pregiato) per ribadirla. Così, quando tutti possono avere accesso a un certo elemento, se ne trova/crea un altro. Possibilmente più difficile da raggiungere e che magari, en passant, comporti un sacrificio. E a differenza di una volta, nemmeno molto tempo fa, era più importante quello che si mangiava rispetto al modo in cui veniva presentato. E riecco l’apparenza, nel cibo e nelle persone.

Dopotutto, l’occhio vuole la sua parte, no?

Ora, non ditelo all’occhio, ma se avete la fortuna di fare tre pasti al giorno, siete tra i ricchi del mondo. E pensateci la prossima volta che mangerete del pane. Anzi, fate una cosa: spezzatelo e prendetene tutti.

di Pedro Asti