Stanza 36

Apro gli occhi. Lenzuola, materasso pulito. Sono in un letto. Ambulanza, antidepressivi e sambuca. Vaghi ricordi. Devo essere in ospedale. Ok. Mi copro la testa con il lenzuolo. Reparto psichiatria probabilmente. Probabilmente mi hanno fatto una lavanda gastrica. Ho un esame tra una settimana. Devo studiare. Cazzo ci faccio qui tra i matti?
Sento le mie compagne di stanza parlare. Non voglio avere contatti con loro, io non sono pazza. Mi spazientisco però.
Decido di liberarmi dal lenzuolo. Le guardo. Sono due. Una sembra straniera, quando parla non si capisce tutto. E’ molto agitata. Continua a entrare e uscire dalla stanza. Quell’altra non ha una bella cera. Sembra senza forze.
“Sei giovane e bonita, cosa ci fai aqui?” mi sento chiedere. Overdose di psicofarmaci e alcool, spiego.
“Io tenho tre bambini ma mio marito me impede de ve-los, ha chiamato la polizia. Ho voglia di sentire le voci dei miei pequenos. Provo a telefonare tutto el dìa ma ninguém me responde. Mio marito è un eroinomane. Io volevo voltar al mio pays da mia madre ma lui mi picchiava. Hai un euro che provo a chiamare dalla cabina?”.
Devo ancora constatare se ho le mutande. Sì, le mutande le indosso. L’altra donna parla da sola. Mette angoscia. Poi mi guarda e mi racconta del suo problema alle gambe.
“Faccio fatica a muovermi, le gambe mi stanno lasciando. I medici hanno detto che è normale nei casi di depressione acuta come il mio. Hai visto un prete? E’ tutta oggi che chiedo un prete per confessarmi. Il demonio continua a comunicare con me.” E’ trascorsa una settimana nella stanza 36. Chiedo al medico di potermene tornare a casa.
Devo passare l’esame. Geologia. Provo a studiare ma finisco per proporre una seduta di aerobica. “Aprite le gambe, su quel culo.” Probabilmente gli effetti degli psicofarmaci durano a lungo. Probabilmente i problemi che prima erano insormontabili diventano sciocchezze di fronte ai problemi veri. Probabilmente contrabbandare caramelle in cambio di sigarette con il portatore di handicap della stanza a fianco mi ha fatto sentire una bulla. Il punto è che io in questa settimana sono stata bene. Anche dopo aver assistito ad uno pseudo esorcismo riesco a dormire allo spegnimento delle luci. Niente film, niente libri. Alle 21 le luci si spengono e si sentono solo alcune urla dalle stanze di isolamento. A casa non riesco mai a prendere sonno presto. Passo l’esame con il massimo dei voti. Non credo che questo abbia ancora un senso. La mia testa è a quell’agenda con su scritto il mio numero di telefono. Se hai un euro chiamami per favore.

(di Gaia Sartore)