Storia inventata

Ed ecco la guerra solcare il nostro cielo bianco e afoso, con le sembianze di un missile partito chissà dove. Un pazzo vuole sparare sulla folla inerme della nostra grigia città. Un gruppo di manigoldi arcigni, in una stanza cupa e fumosa di un ameno palazzo, programma e inalvea lo scorrere torrentizio delle nostre vite, così da irrigare con le nostre energie le sue aspirazioni più ambiziose. E tutti noi guardiamo in alto.

Ma non è Dio che cerchiamo, o almeno non è della sua benedizione che sentiamo il bisogno. Desideriamo capricciosamente che qualcuno ci venga a salvare, qualcuno di vero, qualcuno a cui credere senza bisogno di fede, che combatte alla maniera degli uomini, che picchia duro se necessario, che si prenda l’enorme responsabilità di fare le scelte scomode, di sacrificare qualcosa o qualcuno. Un eroe. O meglio un supereroe, che una dose extra di muscoli e intelligenza non guasta di certo, soprattutto in casi come questo.

Il missile cade, rovinando con uno squarcio di fumo nero il pallore del cielo e quella schiera di villette residenziali dai colori discutibili. Il pazzo spara, interrompendo maleducatamente una delle più belle feste del santo patrono di sempre. Poi con molta calma, senza disturbare eccessivamente le nostre indispensabili consuetudini, qualcuno ci preleva dalle nostre case, preleva le nostre case, e ci dice di arrangiarci. A noi sembra tutto più che logico – in una situazione simile – chi siamo noi per dire cos’è giusto fare? E allora non guardiamo più il cielo, anzi. Lo sguardo è fisso sul terreno. E quasi sorridiamo, consolati dal fatto che, a meno di mettersi a scavare, di lì non si scende.

di Logan LeMarques