Amitriptilina

Guardavo la scatola e leggevo nella mia testa “Laroxyl, 40 mg/ml gocce orali soluzione, amitriptilina. Laroxyl, 40 mg/ml gocce orali soluzione, amitriptilina. Laroxyl…”. Leggere, stringere la scatola e ripetere. Era il mio modo per mantenere la calma. Avevo ancora mal di testa e l’odore salato delle lacrime. Sentivo gli occhi umidi. Non riuscivo a controllare le mie mani. Tremavo. Tremavo per lo stato angosciante che stavo vivendo. Tremavo per il freddo, che aveva reso dannatamente umidi e gelati i seggiolini della nostra macchina, parcheggiata davanti alla farmacia. C’ero appena stata con mia madre, dopo che il dottore le aveva dato una lista di calmanti e antidepressivi che avrei dovuto prendere per un po’ di giorni. Avevo pianto tutta la notte.

Come avrei potuto dormire dopo quell’incidente? Continuavo a rivivere quegli istanti. Una specie di horror movie proiettato dal cervello ai miei occhi.

Sentivo così bene la musica, la voglia di uscire. Rivedevo le solite tre amiche con cui viaggiare cantando, sentendoti un po’ più leggera. Avevamo scelto di prendere una sola macchina per trovare parcheggio. Stavamo andando in quel buco di locale che è il “Sunset” e che alla sera si riempie all’inverosimile, un po’ per i cocktail e un po’ per la sua posizione centrale. Facevamo il solito tragitto.

…“…Laroxyl… Gocce orali… Amitriptilina. Laroxyl… Amitriptilina…”.… Sentivo il cuore a mille. Non riuscivo a trattenere le lacrime al pensiero di quell’auto. C’era venuta addosso. Non c’erano motivi. Nessuno ci poteva avvertire. Tutto a una velocità impercettibile. Poi il sangue e le mani di Anna ancora sul volante. Poi ancora le autoambulanze e l’ospedale.

Mia madre entrando in macchina mi vide piangere di nuovo. Mi abbracciò forte. Mi capì nel profondo. Io la capiiì.

L’avevo sempre criticata da quando seppi che anche lei prendeva antidepressivi da anni. Ne ero venuta a conoscenza casualmente, durante una visita medica. Non ero mai riuscita a capire i motivi dei suoi tormenti, per quanto avessi insistito a farmeli raccontare. Ora mi chiedevo se importasse davvero. In quel momento provai un senso di vergogna per averla giudicata.

Probabilmente il destino mi stava dando una spiegazione a tutti i suoi silenzi. Sentiiì le sue fragilità parte delle mie. Sono certa che lei stesse intuendo ogni mio pensiero. Non servivano parole. Ora eravamo lì, insieme, a vivere gli stessi difetti.