Falò sulla spiaggia

Cantilene dolci, il mare, i rovi le portavano via la faccia.
Le ultime note chimiche si facevano sentire nella gola e ansimante buttava fiato caldo nelle mani fredde di questo arbusto ormai senza vita.
“Ti prego vieni qui, è da molto che non ti fai vedere, c’è un angolo tranquillo…”
Era ancora suo, altro che anfetamine.
Piroettava, goliardica, incurante delle braccia spiaggiate, forte di quella tana irraggiungibile dal mondo.
Ora però doveva andarsene, sarebbe arrivato imponente e col suo solito odore di uomo sicuro.
Le balenavano in testa le dita della pianista lappone, alla sua non esistenza da poche ore e alla sua nuova proprietà su quell’uomo. Un’onda piena e grigia violentemente però, in quell’attimo, ricoprì il fragile cadavere, quel che restava della bionda chioma, la ragazza si spostò ma quella stessa pozzanghera salmastra le riempì le scarpe e mentre veniva presa dai conati di vomito, un cane sguaiatamente pisciava contro la creatura inerme. Con l’ultima lucidità rimasta corse via verso l’amore impudico e disgraziato di sempre. Tanto a lui non importava di nessuna no? Nemmeno di una pianista lappone. ” Scappi?”.
I suoi capelli dal castano ruggine fluttando si girano e il volto bellissimo viene colpito da un coltello in pieno.
Da lontano poteva sembrare un falò sulla spiaggia, in effetti ogni volta che il mio fidanzatino con gli amici di allora, facevano ardere legna fragrante sulla spiaggia era sempre la stessa storia, erano tutti miei quei mostri.