Farfalle allo stomaco

Non prendeva mai l’ascensore, gli faceva venire le farfalle allo stomaco; quella sensazione che disprezzava cosi tanto e che avvertiva quando quella bara di ferro scorreva verso l’alto o il basso, lungo quel suo corridoio verticale.
Già, decisamente preferiva prendere le scale. Quella sera però, la fretta non gli aveva dato neppure il tempo di pensare a quell’angosciante senso claustrofobico che lo assaliva quando entrava in quella gabbia metallica. Una volta aperte le porte dell’ascensore P. si precipitò dentro senza esitare e premette il tasto più in alto che poté trovare, quello del quattordicesimo piano.
Le sue orecchie non udivano la musica fredda e monotona che fuoriusciva dalle casse poste ai lati delle pareti, aveva la testa troppo intasata dai pensieri e ad ogni piano gli sfilavano di fronte tutti quei ricordi che lo avevano spinto a non prendere le scale quella notte.
Primo piano, l’abbandono del padre quando ancora non aveva l’età per aver memoria di quel giorno; quarto piano, una figlia tossicomane che compariva soltanto per elemosinare qualche soldo per “l’affitto dell’appartamento”, diceva lei, per poi volatilizzarsi nuovamente nel nulla; settimo piano, separazione e poi divorzio da un’ex moglie che se la faceva col suo ex migliore amico; decimo piano, una condanna per danneggiamento aggravato quando, dopo aver beccato in flagrante moglie e migliore amico, aveva deciso di ridurre, con una spranga di ferro, la berlina di quest’ultimo disgraziato in un cassonetto ambulante; dodicesimo piano, il licenziamento dal suo posto di lavoro che si era guadagnato a stento con sudore e fatica.
Quattordicesimo piano, le porte si spalancano e P. esce di corsa, quasi col fiatone, dalla porta in fondo al corridoio, ultimo vincolo che lo separa dall’esterno del palazzo nel quale fino alla sera precedente lavorava come impiegato.
Là, fuori nell’oscurità della notte, i suoi pensieri ora lenti e inossidabili, attraversavano il silenzio di quel cielo illuminato solo dallo splendore della luna, che mai come quella notte era stata così grande. Li sentiva riaffiorare quando tutto aveva trovato il giusto peso, oltre a quel parapetto che già aveva scavalcato dopo aver volto uno sguardo veloce verso il basso. Solo un sospiro dopo aver spinto verso il baratro anche tutti i suoi pensieri. Solo un passo dopo, con solo il vento contro a forte velocità, e poi il vuoto.

(di Marco Antonello)