Il segreto di Clitennestra

L’odore di erba stava lentamente invadendo la camera: «merda» pensa Nora sporgendosi fuori dalla finestra aperta il più possibile, guardando le macchine sfrecciare veloci e disordinate nel buio sotto di lei.

«Nora, cos’è quest’odore?», la voce di sua madre oltre la porta è chiara e forte.

«Cazzo stavolta è finita, mi ha sgamata in pieno» pensa Nora cercando di arieggiare la stanza agitando inutilmente le braccia.

Sua madre inizia a bussare alla porta fiutando da sola la risposta alla sua domanda: «ma ti stai fumando una canna per caso?»: al maresciallo non gliene sfugge una, cazzo.

Nora risponde con tono stupito e quasi offeso: «no mamma, macché! È la stufetta elettrica che fa ‘sta puzza, ormai è andata.»

«Ma mi prendi per scema? Guarda che adesso entro!», spalancando la porta nel momento stesso in cui avvisava che sarebbe entrata.

Nora getta immediatamente la canna dalla finestra, sperando di non centrare nessun passante, e guarda la madre impalata incrociando prontamente le braccia dietro la schiena, con gli occhi spalancati e una smorfia di finta sicurezza in faccia.

«Nora, ti ho già detto che non esiste che fumi in camera, e adesso ti becco a farti una canna! Ma io per cosa lavoro tutto il giorno? Per chi mi spacco la schiena?», la tragedia greca quotidiana aveva avuto inizio. Nora aveva sempre pensato che sua madre avrebbe dovuto fare l’attrice. Il suo tono di voce era potente e sicuro, e accompagnava le sue parole solenni con ampi gesti delle braccia, creando pathos tra i presenti. Era una Clitennestra che faceva l’operaia in cartiera, un talento sprecato. Raggiunto il climax finale, sua madre se ne esce dalla camera di Nora ancora incazzata. Aveva il turno di notte e doveva prepararsi per uscire.

Nora era dell’acquario, una testa di cazzo gigantesca. Mentre sua madre si stava infilando i vestiti da lavoro in camera, un vecchio maglione infeltrito e un paio di jeans da uomo, Nora si dirige verso l’attaccapanni e inizia a frugare nella borsa di sua madre per fregarle qualche soldo con cui si sarebbe comprata qualche grammo di erba, alla facciaccia sua. Nella borsa però Nora scorge una cosa che non si sarebbe mai aspettata di trovare: una fiaschetta d’acciaio.

«Dai, non può essere vero», pensa Nora, svitando il tappo e annusando il contenuto. Sembrava whisky. Ne bevve un sorso e sì, era proprio whisky. Sua madre, la donna tutta d’un pezzo che rompeva tanto con le responsabilità, beveva al lavoro?

Nora stava per partire in quarta per rinfacciarle tutto quello che si era appena sentita dire quando, con quella fiaschetta stretta in mano, si sentì una scema. Guardò la borsa frigo a terra, con dentro la cena che quella sera sua madre avrebbe consumato davanti alla macchina che manovrava, senza fermarsi. Nora rimise la fiaschetta nella borsa e decise di preparare un dolce, le avrebbe fatto trovare la colazione.