L’Amore ai Tempi dei Termosifoni

I termosifoni. Il ricordo più vivido del primo anno delle superiori sono indubbiamente i termosifoni. Erano una sorta di aggregatore sociale. Sciami di ragazze si raccoglievano in sacra conversazione attorno al metallo rovente, solitamente pitturato dello stesso verdino tristanzuolo che funestava le pareti dell’intero edificio. Ed in questi ronzanti capannelli di jeans a vita bassa o bassissima, impegnanti a grattare via i residui di vernice tossica, si parlava ovviamente d’Amored’amore.
Non che esista l’amore alle superiori. Esistono il budello che si torce, la strizza al cuore ed il pensiero fisso di sentirsi, finalmente, innamorate.
Prendiamo me ed Andrea. Io, culo (grosso) attaccato al termosifone, impegnata a scrutare il corridoio, lui che forse passa o forse no. Non che l’una o l’altra alternativa potessero mai fare una qualche differenza nel nostro rapporto. Io al primo anno, lui al quinto. Bello. Bellissimo. Punto. Non ho ricordi di altre qualità di Andrea. Con questo non voglio dire che non ne avesse: probabilmente era un tipo a cui le qualità scappavano fuori da tutti gli orifizi.
Per la me quattordicenne, che non osava guardarlo, che quando raccoglieva ad una ad una tutte le briciole del suo coraggio lanciava un vago “ciao”, indirizzato non si sa se a lui, alle piastrelle o al ritratto del Canova alle sue spalle, quello che contava davvero era avere sottomano un involucro accattivante da riempire a piacere di stronzate romantiche. Nella mia fervida immaginazione adolescenziale Andrea era il RAGAZZO PERFETTO.
Tutte noi abbiamo un cassetto della mente contrassegnato da queste stesse due parole. In maiuscolo. Si forma a quell’età, quando ci si sente come in bilico, quando ti vergogni della bambina che sei (appena) stata e lo stesso quella parte di te ti manca; quando, in fatto di amore, non sei ancora disposta a rinunciare a nessuno dei tuoi ideali.
Si ha tutto il tempo del mondo per scoprire che un poster, nella sua patinata bidimensionalità, non sa scaldarti le estremità ghiacciate durante una notte estiva qualsiasi. Le gambe, forse un po’ troppo pelose, della concreta imperfezione che hai raccattato ad un qualche angolo della tua strada assolvono meglio a questo arduo compito.
In fondo l’amore è una cosa semplice, no?
Ho cercato Andrea su Facebook qualche tempo fa. Non è più bellissimo. Non per me. Ma l’idea di lui 13 tredici anni fa continua a contrassegnare il mio cassetto. Non ha mai accettato la mia richiesta di amicizia. Ogni ogni tanto sogno i termosifoni.