Nevermind

Nancy si svegliò di soprassalto, con i capelli stinti appiccicati al braccio. Si guardò intorno e, riconoscendo casa, tirò un sospiro di sollievo.

Testapesanteboccamarasecchezzadoloreovunque.

Vestita solo di slip e t-shirt strappata, s’alzò dal divano e barcollò sino al mobiletto in linoleum su cui appoggiava la televisione. In mezzo ad un mucchio di cianfrusaglie accumulate nel giro di qualche settimana, tra le siringhe usate la notte scorsa, le boccette con dentro smalto nero, carta di giornale e pubblicità dai colori sgargianti, trovò un accendino. La sigaretta che s’accese la trovò a terra, sotto il mobile, tutta stropicciata e macchiata d’alcool. Era stata fumata a metà e spenta con un colpo di tacco sulla moquette maculata.

– Dove sei? — biascicò.

— Dove ti sei infilato, amore? —

Guardò prima in bagno, poi nella stanza in cui s’era svegliata, poi in cucina, dove addentò un sandwich che l’aspettava tra i fornelli elettrici e il lavandino, infine in salotto.

— Che fai? — gli chiese, irritata.

Sid piegò in due il giornale e, dietro due lenti a mezzaluna, la guardò diritta negli occhi.

— Come, che faccio? —

Nancy s’imbronciò, come un bambino.

— Da quando leggi il giornale? —

Sid sospirò; nell’appoggiare il giornale al tavolino accanto alla poltrona su cui sedeva, gli scivolò la ciabatta in pelle dal piede.

— Solo perché non mi hai mai visto farlo, non è detto che io non lo faccia mai. —

Nancy aspirò nervosamente dalla sigaretta. Le rimanevano pochi tiri.

— Ieri sera è stato stupendo, no? —

— Già, stupendo. Johnny e gli altri a che ora se ne sono andati? —

— Saranno state le quattro o le sette, che vuoi che ne sappia. Che ore sono adesso? —


Sid girò il polso e guardò l’orologio.

— Né troppo tardi, né troppo presto. —

— Hai voglia di fartene una? — domandò lei mordendosi il labbro.

— Di che parli, Nancy? —


— Sai di cosa parlo, Sid. Non fare finta di nulla. —

— Certo che so di cosa parli, ma non ne vedo il motivo; adesso, poi. —


Nancy si tolse la maglietta e la gettò a terra, assieme alla sigaretta.

— Così, giusto per stare bene. Un po’. —


Sid si mise a ridere.


— Perché ridi? — gli domandò, coprendosi il seno acerbo con gli avambracci.

— Speravo l’avessi capito, dopo tutto questo tempo. Avevano detto che eri sveglia. —


— Vuoi fottere con me? Prima il giornale del cazzo e adesso fai così. —

Sid non smise di ridere.

— Tu pensavi fosse veramente eroina? —

Nancy annuì. — Era eroina, io lo so che era eroina —


— Era fisiologica. —

Nancy sbiancò. Il trucco pesante colava come lacrime nere ferme a metà guancia.

— Stronzate. —


Sid s’alzò in piedi e le prese la testa fra le mani. Indossava pantaloni da camera, stirati alla perfezione.

— Vuoi sapere una cosa, Nancy? Hai presente il punk? La droga? E il sangue e le risse? Sai da dove iniziano? Da quella porta, Nancy — disse, indicando l’entrata — da quella porta. —.