Abbiamo ancora bisogno del fuoco?

Uno dei miei primi ricordi felici è quello dell’accensione della stufa a legna usata nella casa di campagna da mia nonna per cucinare. Mi divertivo ad inserire di continuo pezzi di legno, fogli di carta straccia, bucce di mandarino, gusci di nocciole e qualsivoglia cosa potesse bruciare, talvolta persino pezzi di plastica solo per il gusto di vedere le sfumature azzurre verdi che facevano! Ricordo inoltre i racconti della nonna e della sua infanzia. Di come da bambina aiutava il padre nel trasporto del legname dal piccolo paese di montagna alla città della pianura.

La nonna ora mi racconta una storia diversa. La legna che usiamo per la stufa non proviene più dalle montagne italiane, ma dalle grandi distese di foreste dei paesi dell’Est perché più economica. All’inizio degli anni ’70, all’alba di quella che sarà ricordata come la prima grande crisi energetica globale, uscì un libro a fumetti per bambini con il nome di “Lorax”, rivisitato poi in film nel 2012, anno della presunta fine del mondo per i Maya. La lezione che voleva dare questo semplice fumetto ai più giovani era di andarci piano con l’utilizzo delle risorse, in quel caso si parlava di alberi e delle conseguenze atroci che avrebbero avuto certe azioni nei confronti della natura. È solo grazie a questa prima crisi che parole come “ecologia” o “riforma energetica” iniziarono a riempire di titoli i giornali e le tv. Questo evento ci mise davanti a delle scelte dalla cui risposta sarebbe dovuto scaturire un cambiamento della mentalità della vita di tutti i giorni. Sin dalle scuole primarie ti insegnano che la foresta pluviale del Sud America è il grande polmone verde del mondo. Questa enorme distesa di vegetazione lussureggiante riesce ad assorbire circa il 25% del totale delle emissioni di CO2 riconducibili alle attività dell’uomo e a trasformarle in ossigeno. Nel 2013 la rivista “Science” ha rivelato un dato inquietante per cui il mondo sta perdendo 50 campi di calcio di foresta pluviale ogni minuto. Azione questa che alimenta un degradante effetto climatico su ampia scala, ma che sembra poco interessare l’opinione pubblica che, pur sapendo, tende a non agire come di dovere. Nel 2015 le stufe a legna, pur riscaldando solo il 7% degli ambienti, sono state, a parità di calore prodotto rispetto agli altri generatori, le principali fonti di emissione di PM10, producendone circa 2028 tonnellate nella sola Lombardia. Per rimediare a questa quantità d’inquinamento sarebbero necessari più di 9 milioni di alberi di vario tipo piantati sull’intera area della pianura padana, da molto tempo distinta per essere la zona più inquinata d’Europa. Tuttavia questa come altre azioni potrebbero essere di rilievo veramente solo nell’immediato, al fine di risultare per le generazioni future come tentativi vividi di cambiamento sociale.

Ricordandosi sempre che alla fin fine non esiste un piccolo o grande mondo, esiste solo il mondo intero!