Ardere

Un riflesso. Una vetrina del centro. Solo un riflesso in una vetrina di una via del centro. Ecco cosa sono, nulla di più, nulla di meno. Un’immagine piatta, muta, quasi incolore. Quasi non mi riconosco, dopotutto non ho mai avuto molta confidenza con me stessa. Incuriosita mi avvicino e non vedo che due grandi occhi infossati, impassibili e freddi. No, non posso essere io. Scappo via, accelero il passo. Non so dove sto andando, l’importante è andare.
Mi scoppia la testa, non riesco neppure a godermi la musica che esce dalle finestre del conservatorio.
Quello che sento è solo l’incessante martellare dei miei pensieri. Sempre lì, come tamburi africani. In questo momento vorrei solo dimenticare tutto, annullarmi, ricominciare da capo. Ecco, vorrei essere una Fenice. Dicono che questo animale abbia il dono della vita eterna. Non si tratta di giovinezza eterna, sarebbe troppo facile e forse troppo pauroso. La Fenice nasce, cresce e, quando giunge il momento, arde fino a diventare cenere. E si rigenera dalla sua distruzione.
Deve essere uno spettacolo mozzafiato.
La bellezza di un rogo voluto, atteso, amato. Mostrare al mondo le proprie fiamme interiori per annientarsi, ma con la consapevolezza di essere eterni.
Chissà se si prova dolore, ma questo deve essere indubbiamente dolce.
Capita anche all’uomo di bruciare di gioia, d’invidia, di disperazione, d’amore.
Ci si consuma, fino a ridursi l’anima in polvere. Come invidio la Fenice, può sempre ricominciare da capo, può vivere infinite vite diverse e, in un certo senso, ha la libertà di sbagliare. Io invece sono qui, insignificante rispetto alla sua eternità.
Non so perché, ma lentamente torno sui miei passi, fino a trovarmi di fronte alla vetrina. Ho paura di ciò che potrò vedere, della cruda verità. Mi decido ad alzare lo sguardo, ma inaspettatamente quella che vedo sono io, semplicemente io. Guardando attentamente noto qualcosa di diverso e mi avvicino titubante, ho paura di scottarmi in quel vetro gelido.
Non credo ai miei occhi, una fiamma rosso sangue si distingue nettamente nel mio sguardo. Sbatto le palpebre incredula, ma non se ne va. E lì capisco. L’uomo non è né effimero né insignificante, l’uomo è prezioso. è una creatura imperfetta e di conseguenza sbaglia e cade, però in ogni respiro si cela la sua potenza.
La Fenice ha la comodità di vedere dimenticati i propri errori, l’uomo li affronta.
La Fenice vive molte vite, l’uomo rinasce ogni giorno.

(di Serena Guglielmi)