La Crepa

– Judy vieni, vieni qua.

Judy tossì, fece l’ultimo gradino e si guardò intorno.

La soffitta del teatro era fredda ed impolverata perché d’inverno non c’erano spettacoli in programma. Lui sorrise prendendo tra le mani un vecchio abito di scena di velluto rosso.

Judy cercava di intuire le forme del mobilio nella penombra della sera. L’ultima luce del giorno penetrava da una crepa del tetto e si nascondeva nella soffitta come una lumaca nel suo guscio.

Aveva la sensazione di essere calpestata da migliaia di insetti, se li sentiva strisciare sulla pelle, sotto gli abiti. Scuotendosi il pastrano o accarezzandosi il volto sapeva che non avrebbe trovato altro che se stessa, perché i tarli erano entrati molti anni fa dentro la loro relazione. I tarli erano diventati parte di loro: non stavano sulla pelle, ma correvano attraverso le vene.

– Quando uscirò da qui passerò da Steve a prendere qualche dose.

Judy chiuse i suoi occhi, inghiottì la saliva ma non disse nulla.

– È tutto finito, Judy, tutto finito. Questo teatro è un’ombra nella notte del passato. Col nuovo giorno tramonterà.

Judy aprì gli occhi e mosse qualche passo sul vecchio pavimento cigolante.

– Lo vedi Judy? Lo vedi quell’angolo?

Judy si voltò e guardo il marito indicare il canto del tetto in cui c’era la crepa.

– Tutto cadrà, la pioggia entrerà, noi già non ci amiamo più.

John si voltò.

– Judy, perché non parli?

La donna andò in quel canto dominato dalla crepa ed espose il suo viso all’ultimo fascio di luce che precedeva la notte.

– Lo vedi questo viso? Dico: lo vedi questo viso, John? Guardati attorno, guarda i mobili, gli abiti smessi, la polvere. Vedi ancora tutto?

John sussultò.

– Solo grazie ad una crepa può entrare la luce nel buio.